Wadi Ad-Dawasir, Arabia Saudita, 4 Gennaio. Nasser Al Attiyah l’aveva detto, alla vigilia: “Mi andava di vincere il Prologo, sapevo che avrei perso nella prima Tappa, ma era la seconda quella che contava in questo inizio di Dakar. Così ho cercato di non mancare all’appuntamento con la… promessa fatta a me stesso e al Team”. Il Principe del Qatar è così, non gli sono bastate tre vittorie per sentire appagata la fame di passione che lo lega ai Gran Premi del Deserto.

Ed ecco che, appena alla seconda Tappa, la Dakar si profila allineata ad un’altra promessa, quella dell’Organizzatore che, nell’intento di garantire una maggiore sicurezza al Rally, ha pensato bene di renderlo più difficile, ergo più “lento”. Nella prima Tappa erano quei “due o tre” sassi, nella terza ancora molta navigazione, qualche “pistone” veloce ma anche tanto da guidare. E poi in due giorni siamo ben oltre i 1200 chilometri di corsa, e la speciale del secondo giorno è già una di quelle basate sul tradizionale, elevato “standard” della Dakar.

Qualcosa non ha funzionato, però, oppure… ha funzionato troppo bene. Se infatti la Gara delle Auto ha offerto il massimo dello spettacolo agonistico con il duello a distanza ravvicinatissima tra i due Equipaggi Mini Buggy, Peterhansel-Boulanger e Sainz-Cruz, e il ritorno perentorio della Toyota Hilux di Al Attiyah-Baumel, nella Gara delle Moto il sistema dell’alternanza ha riportato alla mente, fatte le dovute proporzioni, i grandi rovesciamenti di fronte delle Dakar storiche di venti-trent’anni fa.

Oltre i 457 chilometri della Speciale e ormai verso il secondo bivacco della Dakar2021, lo scenario agonistico è avvincente. Al Attiyah vince e torna al terzo posto, Peterhansel passa condurre la Gara, due Mini sono ai primi 2 posti e c’è anche l’outsider di lusso che si prefigge di far piovere sull’estate degli ufficiali, Mathieu Serradori che con il Buggy Century CR6 è magnificamente quarto.

C’è anche il brivido, un calo di potenza della Mini di Sainz, poi tornata alla normalità di funzionamento. La Speciale, poi, è stata scandita dal ritmo imposto da Peterhansel, che ha ripreso ben presto Sainz, costretto ad aprire la pista, e poi si è incaricato di lasciare sulla sabbia delle prime dune, molli, le tracce che sarebbero servite a Al Attiytah per ottenere una vittoria che era da mettere in conto. Bella giornata, bella tappa, bella Arabia Saudita.

Moto. Ieri ci si sentiva in animo di “condannare” Brabec per quell’errore di navigazione costato all’americano quasi venti minuti. Oggi non solo Brabec lancia la vittoria del compagno di Squadra Barreda, il quale passa al comando della Dakar, ma sulla scia del catalano riprende in mano le redini della sua corsa.

Come se non fosse successo niente, eppure è già successo di tutto. Per esempio è successo che Mattias Walkner è rimasto fermo nel deserto della penisola araba per oltre due ore per risolvere un problema del cambio, oppure che, invece, Andy Short, dopo aver imparato la lezione della Dakar in tre edizioni, sia costretto, per un problema irrisolvibile di motore, a dire addio alla speranza di un risultato. Succede anche l’inaspettato, ovvero che Toby Price, esperto e autorevole primo leader della corsa, abbia restituito i venti minuti avuti in “offerta speciale” ieri con interessi a usuraio, oltre trenta minuti. E come può essere successo? Rimanendo, da apripista, intrappolato nelle difficili dinamiche di navigazione nell’attraversamento delle prime dune del Rally. Cose che capitano, non solo ai cadetti!

Tutto molto interessante: Barreda primo e leader, dunque (era ora! – è arrivata l’ora del catalano?) Brabec a ridosso, il Pilota del Botswana promosso ufficiale Yamaha Ross Branch, il cileno Pablo Quintanilla e il ritorno di due ex compagni di squadra, Xavier de Soultrait e Adrien Van Beveren, il primo passato a Husqvarna, il secondo fedele a Yamaha. Price è indietro, oltre la quindicesima posizione. Come se la caverà l’australiano?

La parte emersa dell’iceberg Dakar 2021 Arabia Saudita è spettacolare e rassicurante, la grande parte sommersa è come sempre segnata dalla grande fatica a spuntarla, a restare nei tempi di una vita “normale”, a respingere giorno dopo giorno l’ansia da defaillance, fisica, mentale, meccanica. È la legge della retrovia, popolata da “privatoni” da ammirare.

La prima Tappa ha eliminato Davide Cominardi, primo italiano costretto al ritiro per una caduta e la conseguente frattura ad una spalla. È anche stata la giornata in cui Maurizio Gerini si è reso conto che, se vuole vincere la categoria Original by Motul, le “malles moto” di buona memoria, deve accorciare alla svelta la distanza che lo separa dall’esperto “leader” attuale, il rumeno Emanuel Gyenes e dal lituano Arunas Gelazninkas. Soprattutto, la seconda Tappa mette in evidenza il carattere della Gara di Franco Picco, inarrestabile eroe leggendario della Corsa. A parte Gerini, che da timido privato si è trasformato, nel corso degli anni, in Pilota espertissimo, Picco resta sulla breccia come il migliore degli italiani.

 

Il 5 gennaio è il giorno degli… assistenti. La terza tappa è infatti ad anello, partenza e arrivo dallo stesso bivacco di Wadi Ad-Dawasir. Per i Concorrenti, invece, bei 403 chilometri di Speciale sugli oltre 600 del totale al menù del giorno.

 

© Immagini: “Nani” Roma Media, BRX, Red Bull Content Pool, X-raid, Toyota Gazoo Racing, ASO Médiathèque – DPPI, KTM, Honda, Rally Zone, Francesca Gasperi

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