Wadi Ad-Dawasir, Arabia Saudita, 5 Gennaio. Dakar sconvolgente e avvincente, Dakar dei rovesciamenti di fronte inauditi, dei colpi sensazionali e delle cocenti delusioni. Delle grandi opportunità, anche, soprattutto per i “diseredati”. Dakar che si apre a uno scenario agonistico d’altri tempi, decisamente eccitante. Chi poteva immaginare che Toby Price, praticamente fuori gioco per uno sbaglio pesante in termini di ritardo, sarebbe riuscito a rovesciare e riportare così clamorosamente a suo favore la più difficile delle situazioni? Prima di tutto lui stesso, il flemmatico e potente Toby Price. Poi tutti quelli che credono ciecamente in lui. Dopo averlo visto in azione in Perù, vincere con un polso rotto, il destro, e quindi con una mano sola, io sono tra quelli. Ma il colpo da maestro resta clamoroso, stupefacente, e per essere spiegato meglio bisogna pensare che Toby ha avuto un “complice”. Ebbene è così, il suo complice è David Castera, l’uomo che, da Direttore, è riuscito finalmente a restituire alla Dakar lo spessore del colpo di scena “sano” ogni giorno. Azzardiamo un verdetto, beninteso, siamo solo alla terza tappa, ma ad oggi questa è la verità, così come è vero che questa Dakar sembra lunga di giorni e giorni.

Ancora una volta il segreto è dare in pasto ai concorrenti un tracciato mai scontato, un road book complicato, e mandarli su un terreno sconosciuto e mai routinario, noioso.

Price, KTM, insieme al nemico Kevin Benavides, Honda, è partito sull’anello di Wadi Ad-Dawasir, 403 chilometri di speciale, con un ritardo di diciassette minuti e mezzo. Roba che potresti anche decidere di lasciar perdere. Tuttavia, mentre Barreda e Brabec si incartavano in una navigazione difficile scoprendo (anche per gli altri) una rotta viscosa e frustrante, Price era a testa bassa, deciso ad alzarla solo dopo il traguardo. Benavides gli ha dato una mano, poiché la situazione si calava perfettamente in uno di quei casi in cui la ragion di stato (leggi le priorità del Team e della Marca) viene posposta all’interesse personale. È logico, è il Pilota che ci mette la faccia!

Così Price e Benavides si sono mangiati gli eroi del giorno prima, restituendo ancora una volta con gli interessi il prestito di gloria avuto il giorno precedente, e hanno di nuovo rovesciato la situazione generale. 18 minuti aveva preso il giorno prima, e trenta ne ha dati quello successivo. Terzo rovesciamento di fronte in tre giorni, se si considera anche l’effetto Prologo. Non male per un inizio di Dakar altrimenti solitamente soporifero. Due rivoluzioni un due giorni, comunque, vuol dire anche che il risultato globale torna a privilegiare un grande equilibrio, e mentre alcuni dei papabili si sgranano uscendo dalla cerchia d’élite di una corsa avvincente, quelli che ne emergono vedono riconosciuto il proprio, superiore valore.

Non è tutto. Per effetto dell’equilibrio risultante dall’alternanza dei grandi colpi di talento e… rabbia, si apre anche una porta all’ingresso di quei Piloti, meno dotati tecnicamente o per logistica e assetto, che fanno della regolarità una loro arma, in queste condizioni particolarmente efficace. Succede, quindi, che mentre Price e Benavides riagganciano Barreda e Brabec, in testa alla generale provvisoria dopo la terza Tappa troviamo Skyler Howes e Xavier de Soultrait. Sono due perfetti privati, appena conosciuti o riconosciuti. Un californiano alla ricerca di un posto da ufficiale per coronare un sogno di carriera, e un francese che rincorre un risultato che lo lanci definitivamente. Howes è cresciuto con Brabec e ne condivide l’entusiasmo e la cautela, De Soultrait ha scoperto vincendo il Transanatolia che la virtù dei forti è proprio la calma. Gara fantastica, cinque Piloti racchiusi nello spazio di 5 minuti: Howes, Benavides, De Soultrait, Price e Sunderland, 15 in un quarto d’ora. Da quanto tempo non si assisteva a una gara così interessante?

La Gara delle Auto non è meno avvincente. La terza Tappa dice prima di tutto che Nasser Al Attiyah ha scatenato il suo inferno, uno standard micidiale di incredibile livello, a caccia delle Mini in Testa alla Corsa, e che Peterhansel ha trovato strada facendo la migliore motivazione. Dice anche che non sarà un Pilota a domare il Matador, e che il ritardo di Carlos Sainz, per cui adesso il madrileno si trova in mezzo anche il “privatone” Mathieu Serradori con un buggy home made, è una condizione transitoria. In effetti Sainz ha sbagliato, poi forato. Tempo perso non per colpa degli avversari.

Al Attiyah a caccia di Peterhansel, dunque. Con il terzo posto di oggi alle spalle di Al Attoyah e Lategan, Monsieur Dakar mantiene la testa della corsa, ma con la seconda vittoria in tre tappe, quella di oggi ancora più sorprendente perché guidata in testa dall’inizio alla fine, il Principe del Qatar è ora secondo a cinque minuti dalla testa. Che il ritmo di gara sia elevatissimo non c’è bisogno di dirlo, ma lo si rileva dai rischi che altri si prendono pur di stare in scia agli Assi. È il caso di Bernhard Ten Brinke, virtualmente sul podio per tre quarti di Speciale e finito sul tetto, per fortuna senza danni alle persone dentro l’Hilux ufficiale.

In effetti la Tappa ha vissuto su questi temi principali, a cui si devono aggiungere i contributi emotivi della bella Gara di Sébastien Loeb, una manna per i suoi meccanici la sera, che ha forato tre volte prima di venire a capo del “sistema”. Finora, infatti, l’alsaziano ha corso con i Buggy, macchine senz’altro più duttili sui passaggi di roccia. Con la Hunter 4×4, soprattutto a causa delle diverse escursioni delle sospensioni, il gioco diventa molto più delicato. La rivelazione di questa prima parte del Rally sembra essere, invece, il sudafricano Henk Lategan, cui Toyota ha dato una chance di crescita, settimo all’uscita della terza Tappa.

Livello altissimo e ventaglio di opzioni allargato anche agli outsider. È il caso… in questo caso, dei due Buggy SRT, Serradori ma anche l’autoctono Yasir Seaidan, alla sera del 5 gennaio rispettivamente terzo e ottavo. Più cauta, ma verosimilmente lungimirante, la Gara di Joan Nani Roma, undicesimo senza colpo ferire.

La quarta Tappa, 6 Gennaio, porta la “carovana multicolore” alla Capitale, anche se il bivacco è fuori da Riyadh, con la Tappa più lunga del Rally, oltre 800 chilometri, e una Speciale di 337. Attenzione alle meccaniche, ai Piloti ci pensa il Deserto dell’Arabia Saudita!

 

© Immagini: “Nani” Roma Media, BRX, Red Bull Content Pool, X-raid, Toyota Gazoo Racing, ASO Médiathèque – DPPI, KTM, Honda, Rally Zone, Francesca Gasperi

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