Il commento del nostro Paolo Ciccarone sulla vittoria e la possibile penalità di Sergio Perez, e sul Gran Premio di Singapore 2022 di Formula 1


2 ottobre 2022

SINGAPORE – Una volta era il contorno a giustificare una gara sulle strade di Singapore, ma dopo la pandemia e le varie restrizioni, è venuto a mancare in parte anche quello e la solita inutile colonna di auto in fila, non ha dato quelle emozioni che la Montecarlo dell’est pretende di dare. Alla fine, con la vittoria di Sergio Perez in attesa di giudizio federale (non ha rispettato la norma delle 10 macchine di distanza dalla safety car) davanti alla Ferrari di Charles Leclerc, abbiamo assistito a un’ora e quindici minuti di nulla cosmico. Ovvero, tutti in fila in attesa delle migliori condizioni meteo. Infatti, la gara è partita con un’ora di ritardo per il classico temporale equatoriale. E con la pista bagnata che non si asciugava mai, la partenza e la prima ora e 15 è passata nella noia totale, salvo qualche safety car per rimuovere lo sventurato di turno. Poi, il colpo di coda: con l’ultima safety car, per sistemare le barriere colpite da Tsunoda,

 

Leclerc si è fatto sotto a Perez e con il dubbio di una possibile penalizzazione di 5 secondi (detto via radio dalla Ferrari al suo pilota) abbiamo assistito a 12 giri di gara vera. Cioè i due hanno tirato come matti, ruote bloccate, sbandate, controsterzi. Quello che si chiede a un GP e a piloti professionisti. Poi il crollo: Leclerc che ha mollato il colpo e Perez che vince con 7,6 secondi di vantaggio. Abbastanza per far fronte a una possibile penalizzazione decisa dalla giuria. Che per inciso, probabilmente dormiva alla grande se dopo 50 minuti dall’episodio incriminato, non aveva ancora preso una decisione e aveva rimandato tutto al dopo gara. Questa in sintesi la cronaca di quanto accaduto a Singapore, un GP che meriterebbe di essere rivisto. Per la lunghezza e inutilità del tracciato, con curve tutte uguali ma con percorsi obbligati da fare. Visto che pagano pure gli hotel attorno alla pista, si è gentilmente pensato di farci passare il tracciato. E così curve piccole e strette, tratti senza significato. E durata di due ore garantita con i giri percorsi quasi sempre inferiori ai 60 programmati. Ma la chiave di volta, di questo GP, sta tutto nella partenza.

E‘ lì che la Ferrari e Leclerc si sono giocati il risultato. Infatti, a parità di tempo di reazione fra Charles e Perez (0,29 secondi) la Red Bull ha impiegato due decimi in meno da 0 a 100 all’ora, segno di una trazione e di una mappatura del motore ed elettronica migliore della Ferrari. E lo si è visto in quei famosi 12 giri di corsa ravvicinata, con Leclerc che pur aprendo il DRS, l’ala mobile, non riusciva mai a raggiungere Perez per tentare un sorpasso: “Non so se sia merito della trazione o del motore” dice imbarazzato Adrian Newey, il papà di questa Red Bull piglia tutto. Veramente lo sa ma non vuole dirlo…”Sì vero, lo so ma non voglio dirlo. Diciamo però che Ferrari, pur potendo essere più veloce in fondo al dritto, non aveva la possibilità di prenderci perché noi, col nostro assetto, eravamo più rapidi in ripresa. Come si è visto al via”. Quindi se Leclerc fosse rimasto davanti al via sarebbe cambiato qualcosa? “Probabilmente avrebbe vinto lui, quindi dire che la corsa si è decisa alla partenza è corretto”.

Degli altri poco da dire: Verstappen è sembrato ciccio pasticcio per gli errori a ripetizione: da una partenza al rallentatore, agli errori in frenata e spiattellamento delle gomme. Ha colto un settimo posto all’ultimo giro superando Vettel mentre il giro prima era stato Hamilton, altro pasticcione (con toccata contro le barriere e lungo in frenata) per non dire di Russell che ha concluso in fondo la giornata no della Mercedes. Il duello in cui 12 titoli mondiali lottavano per la settima posizione, fa capire il livello della gara. Sul podio anche Carlos Sainz, una gara anonima e incolore, come Norris e Ricciardo, che almeno con le McLaren hanno ottenuto un quarto e un quinto posto di rilievo. Domenica si replica in Giappone, a casa Honda, e vincere il titolo mondiale lì potrebbe essere forse la spiegazione di quanto avvenuto a Verstappen a Singapore. Pensiamo male? Ma no, in F1 non serve pensare. Lo fanno già…

Source link