Nella Formula 1 di oggi, il vantaggio di posizione in pista è cruciale: lo dimostrano i casi di Charles Leclerc a Monza e Oscar Piastri a Baku
Quanto conta oggi il vantaggio di posizione in pista in Formula 1? Viene naturale chiederselo, alla luce dell’andamento delle ultime gare. Charles Leclerc, dopotutto, a Monza è riuscito a strappare una vittoria di strategia e di gestione delle gomme nonostante la McLaren di Oscar Piastri fosse la monoposto più veloce. A Baku è successo il contrario: a prevalere è stato l’australiano, che dopo la fine della corsa ha sostenuto che Leclerc avesse più passo rispetto a lui.
È un apparente paradosso, che in realtà ha una spiegazione piuttosto immediata. A offrirla è stato il team principal della Ferrari, Fred Vasseur. “Quando ci si ritrova per trenta giri alle spalle di qualcuno, con l’aria sporca le gomme finiscono per danneggiarsi parecchio. Il vantaggio di posizione in pista è fondamentale. Se ci si ritrova dietro si spinge sul posteriore per cercare di sorpassare, mentre l’anteriore è esposto all’aria sporca e si scivola di più”.
La preoccupazione di mantenere il vantaggio di posizione in pista si scontra con l’esigenza di un’introduzione dolce delle gomme. Un approccio eccessivamente aggressivo da parte dei piloti nei primissimi giri di uno stint può portare a un degrado maiuscolo più avanti, con il rischio di un crollo verticale sul finire. A Baku sia Bryan Bozzi, ingegnere di pista di Leclerc che Tom Stallard, omologo di Piastri, hanno sottolineato più volte la necessità di non forzare la mano.
Piastri, però, non ha seguito le indicazioni di Stallard, e si è prodotto in out-lap velocissimo, così come lo sono state le tornate successive. Leclerc, invece, è stato molto più cauto. Il guizzo inaspettato di Piastri, combinato con la velocità sul dritto della McLaren, ha fatto il resto. E per quanto Leclerc avrebbe potuto essere più rapido di Piastri, non è mai riuscito a sferrare l’attacco per riprendersi la testa della corsa.
Viene da pensare che su queste dinamiche pesino anche i distacchi molto contenuti tra i quattro team di testa, quantificabili in un paio di decimi. Lo scorso anno la Red Bull godeva di un vantaggio tra i quattro e i cinque decimi al giro, abbastanza per potersi sbarazzare con una certa facilità di chi si trovava davanti. Oggi nessuna delle scuderie di testa ha mai questo vantaggio. Anzi, si nota un avvicendamento tra un GP e l’altro, e a volte persino nel contesto dello stesso weekend di gara, in termini di valori in campo.
E così, ritrovarsi invischiati nell’aria sporca di chi si sta inseguendo diventa un problema non di poco conto. Con valori così ravvicinati, rimanere in scia all’avversario non è un compito impossibile. Ma questo naturalmente comporta un marcato degrado delle gomme. Ridare fiato alle coperture allontanandosi fuori dalla zona DRS vuol dire non poter approfittare al meglio di un eventuale errore di chi sta davanti. E finché c’è anche solo una speranza di vittoria, i piloti non si vogliono arrendere.
Lo abbiamo già detto di recente, che la F1 di oggi è così combattuta da rendere cruciale persino un rivolo di aria sporca. E in un contesto del genere forse andranno ripensate anche le strategie delle scuderie sulla gestione delle gomme e la loro introduzione a inizio stint, almeno per alcuni appuntamenti del mondiale. In questa F1 non c’è nulla di scontato, nemmeno i dogmi che da anni muovono le chiamate dei muretti.