Max Verstappen compie oggi 27 anni. Tre titoli mondiali e quasi dieci stagioni in Formula 1. Un pilota che ha suscitato, fin dal debutto, non poche discordie, ma mettendo alla fine tutti d’accordo con il talento innato. Ad oggi le cose sono cambiate con una Red Bull in difficoltà, ma possiamo dire che questo è il compleanno di un pilota alla deriva? Assolutamente no, ecco perché
Max Emilian Verstappen, nato ad Hasselt il 30 settembre 1997, è un pilota di Formula 1, olandese ma con cittadinanza belga. Ha debuttato in massima serie nel 2015 quando era ancora minorenne, ha raggiunto la sua prima vittoria l’anno successivo a Barcellona e vinto tre titoli mondiali con la Red Bull. Così si potrebbe riassumere la vita di Verstappen, ma oltre i suoi occhi occhiazzurro ghiaccio, c’è molto di più. La storia di un bambino che ha inseguito il sogno di suo padre Jos ancor prima del suo, che ha sacrificato la sua infanzia per crescere in fretta, mettendosi a bordo di un kart quando a malapena aveva imparato a camminare, per poi salire sul gradino più alto del mondo. Ma ad oggi, con una situazione non del tutto idilliaca a Milton Keynes, possiamo dire che sia un campione alla deriva?
Su Max Verstappen si potrebbero dire tante cose, scriverci libri infiniti che creerebbero una serie che farebbe invidia al Signore degli Anelli, oppure una telenovela che avrebbe una durata da far invidia a Beautiful, che va avanti da quasi quarant’anni. Si potrebbe parlare della sua infanzia. Figlio primogenito di Jos Verstappen, olandese, ex pilota di Formula 1, e della pilota belga di kart Sophie Kumpen, fratello di Victoria Verstappen, che ha tentato di seguire fin da piccola le orme del fratello, ma con una carriera “messa da parte” quando i genitori si sono separati; lei con la mamma e Max con il papà che l’ha trasformato a sua immagine e somiglianza. Verstappen crescendo sarebbe dovuto diventare quel pilota vincente che lui non era mai riuscito ad essere.
A soli otto anni, Max era già in pista a gareggiare nei campionati di kart belgi ed olandesi, iniziando a vincere competizioni su competizioni che l’hanno portato poi ad approdare nel mondo delle monoposto nel 2014 prendendo parte alla Florida Winter Series, organizzata dalla Ferrari Driver Academy. Il suo talento è stato notato subito ed ha preso parte al campionato europeo FIA della Formula 3, concludendo al terzo posto in classifica ma con ben dieci vittorie in gara. Una scia di successi che blocca quello che è solitamente il percorso tipo dei piloti di oggi. Kart, monoposto e si va con tutte le categorie propedeutiche che portano poi alla Formula 1. Ma lui è andato controcorrente diventando il pilota più giovane di sempre ad esordire in massima serie, saltando tutto quello che c’era di mezzo, partecipando a dei test con una vettura di Formula Renault 3.5. Le prestazioni dimostrate hanno convinto Helmut Marko ad inserirlo nel programma giovani della Red Bull. Fin qui non c’è nulla di straordinario se non che il super consulente di Milton Keynes è riuscito a convincere anche Christian Horner a compiere un balzo che per molti sarebbe più lungo della gamba, rischiando di bruciare un ragazzo ancor prima di un pilota.
All’età di 17 anni e 3 giorni, Max Verstappen ha debuttato in Formula 1 nelle prove libere del Gran Premio del Giappone 2014, ripetendosi negli Stati Uniti e in Brasile. Ad Interlagos ha poi strappato il biglietto che gli ha permesso di diventare chi è oggi. A distanza di dieci anni da quel debutto, l’olandese vanta ben tre titoli mondiali vinti ed una sfilza di record e vittorie che sono a dir poco impressionanti. Ma il successo non è arrivato dal nulla. Dietro ad un talento puro, tante sono state le sofferenze lungo il cammino. Un padre che per farlo diventare un campione l’ha fatto crescere troppo in fretta, una vita vissuta in funzione del motorsport ed una pressione che gli ha reso i nervi saldi che vediamo oggi in pista. Un ragazzo che ha sempre trovato nella monoposto, in pista, a quasi 300 km/h il suo posto nel mondo, il suo punto di pace eterna.
Il primo sedile da titolare è arrivato nel 2015 con il contratto con la Toro Rosso al fianco di un altro figlio d’arte, Carlos Sainz Jr. Ma Verstappen a Faenza ci è stato ben poco perché la promozione in prima squadra è arrivata il 5 maggio 2016, quando ha preso il posto di Danil Kviat, retrocesso. Mai scelta più saggia venne fatta da Horner ed Helmut Marko perché alla sua prima gara con la Red Bull, l’olandese ha vinto il suo primo Gran Premio iridato in Spagna ed ha chiuso la sua seconda stagione in Formula 1 in quinta posizione nella classifica piloti, alle spalle solamente di Nico Rosberg, Lewis Hamilton, Daniel Ricciardo e Sebastian Vettel. Quel 2016 fu semplicemente il primo di tanti anni, fondamentale per prendere le misure con quello che sarebbe stato poi il suo successo incontrastato.
Con una macchina finalmente competitiva, che gli permetteva di arrivare al limite, alcune volte anche oltre, prendendosi anche l’appellativo di Mad Max, l’olandese ha messo in pratica tutte le lezioni che gli erano state impartite da papà Jos, culminate poi nel 2021 con la prima stagione da re della Formula 1. Testa a testa con Lewis Hamilton fino all’ultima gara di Abu Dhabi, Verstappen ha vinto il suo primo titolo mondiale, quello più combattuto, sudato e sentito da lui e tutta la squadra, perché poi la lotta si è poi andata ad affievolirsi, ma non la sua voglia di vincere. Complice il nuovo regolamento tecnico con le vetture ad effetto suolo, la Red Bull ha rimescolato le carte in tavola, mettendo tra sé e i diretti avversari un abisso in termini di prestazioni. Mercedes ci ha provato, la Ferrari ci ha provato e creduto, la McLaren si è data da fare giorno e notte, ma il trio perfetto composto da Adrian Newey alla progettazione della RB18, RB19 ed RB20, i motori Honda a spingere da sotto la scocca e il talento puro di Verstappen non hanno lasciato scampo a nessuno.
Se nel 2022 Charles Leclerc ha cercato di mettere i bastoni tra le ruote all’ex numero #33, messo da parte per prendere l’#1 del campione, nel 2023 non c’è stata storia. Ventiquattro gare in calendario, ventitré vinte dalla Red Bull, 19 da Max Verstappen. Un record che rimarrà nella storia, non solo in termini di dominio, ma soprattutto di tempistiche. Di grandi piloti nella storia della Formula 1 ci sono stati, da Micheal Schumacher e Lewis Hamilton, ad Ayrton Senna a Niki Lauda, passando per Alain Prost, Fangio e Farina, ma nessuno è riuscito ad avere un rapporto tempo-dominio come quello di Max Verstappen con la Red Bull. Può stare simpatico o meno, ma sono i numeri a parlare, e più oggettivo dei numeri non c’è nulla. Max Verstappen è nato per essere un Campione con la C maiuscola. Ma giunti alla stagione 2024, possiamo dire che lui sia adesso un campione alla deriva?
Per parlare di lui in termini di risultati abbiamo capito che è facile, un susseguirsi di successi, ma per quantificare al meglio il suo apporto a questo sport dobbiamo analizzare un altro fattore. Con questa stagione 2024, forse non la miglior in termini di prestazioni per lui, possiamo dire che Max Verstappen mette a segno il suo miglior anno in Formula 1, anche se non dovesse portare a casa il quarto titolo mondiale. Il pilota che abbiamo conosciuto nove anni fa ormai non è più neanche un lontano scheletro dell’armadio dell’olandese. All’inizio della sua carriera iridata, Max era sinonimo di irascibilità. Un nulla bastava per farlo insorgere, contro chiunque e qualsiasi cosa. Chiedere ad Esteban Ocon o alle ruote della sua monoposto per conferma. Oggi è l’esatto opposto. Un pilota maturo, che separa la pista dalla vita nel paddock, le difficoltà con la squadra da tutto il resto, ma soprattutto che porta avanti le sue battaglie con coscienza e responsabilità, preferendo un silenzio assordate ad urla che non potrebbero a nulla se non ad altri guai, come ha fatto nella recente diatriba con la FIA. E se questo non è sinonimo di maturità, difficile trovare altri modi per dimostralo. Max Verstappen è cresciuto, non perché spegne oggi 27 candeline, non perché ha vinto tre titoli mondiali o chissà cosa, ma perché ha mostrato a tutti di aver trovato la sua pace. La sua personalissima definizione di stare bene con sé stessi e quello che si fa, senza badare alle opinioni esterne, a chi lo criticava per la sua aggressività, che lo chiamava Mad Max o giudicava per il suo modo di essere anche fuori dalla pista, ma soprattutto alle pressioni di Jos Verstappen, Christian Horner ed Helmut Marko. Ha trovato sé stesso in un mondo che gira a più di 300 km/h ogni weekend, che corre da una parte all’altra del globo e che spesso è crudele. Max Verstappen ha trovato un suo equilibrio e lo si legge nel suo occhio occhiazzurro ghiaccio, brillanti come il ghiaccio, e non più freddi come erano un tempo, schivi e diffidenti.
Adesso, però, è chiamato alla sua più grande prova di maturità. Se prima poteva contare su un clima idilliaco in casa Red Bull. Una monoposto perfetta, che domina e fa tutto che vuole lui. Un alleato come Adrian Newey. Un Helmut Marko sempre soddisfatto. Un compagno di squadra sul pezzo. Degli avversari lontani anni luce. Adesso tutto è cambiato. Max Verstappen, dalle stelle del dominio dello scorso anno, adesso deve fare i conti con una situazione del tutto diversa. Una monoposto, la RB20, che non performa come ci si aspettava, difficile da guidare in alcune situazioni, che non risponde ai suoi comandi come vorrebbe. Un Adrian Newey lontano da Milton Keynes, pronto a mettersi all’opera per l’Aston Martin e non più per la Red Bull. Una fuga di cervelli e non più la fila per avere i più grandi ingegneri e progettisti. Un Sergio Perez disperso. Gli avversari ormai alle calcagna. Questo è quello che deve affrontare oggi Max. Un campionato costruttori ormai andato con la McLaren che ha preso il volo in classifica grazie alla costanza dei due piloti, ma soprattutto un Lando Norris che sta dando il tutto per tutto per portarsi a casa il titolo piloti, spodestato non solo la squadra austrica, ma soprattutto l’olandese dal trono dove siede ormai da tre anni ininterrotti. Una sfida ardua ma non impossibile. Quello che Max ha dalla sua, e che in pochi possono vantare, è la calma, la freddezza chirurgica, ma non cinica, che in situazioni del genere, di testa a testa, è fondamentale, necessaria. E se Verstappen non perderà le staffe facendo tutto alla perfezione dimostrerà tutti i passi avanti di questi ultimi nove lunghissimi anni, che valgono molto più di un mondiale. Guai poi a dire che lui è un campione in declino, perché la sua personalissima vittoria sarà stata già conquistata.