L’immagine è di quelle che solleticano il palato di chi – comprensibilmente – non digerisce più il dominio di Mercedes in Formula 1. Lewis Hamilton si ritrova impantanato nella ghiaia di Sakhir, impotente e infastidito, nella seconda mattinata dei test pre-stagionali in Bahrain. È la fotografia di una Mercedes vulnerabile, apparente presagio di una discesa negli inferi. Ma dare la Mercedes per spacciata dopo 16 ore di collaudi in pista è decisamente prematuro. Prima di tutto, è il caso di fare delle doverose precisazioni sui test. Le variabili che non conosciamo sono moltissime: assetto, tipologia del lavoro in pista, carichi di benzina, mappature, esigenze differenti.

Tanto per fare un esempio, non è detto che il fatto che un pilota si mantenga costantemente su tempi alti sia necessariamente presagio di sventure varie. A volte è necessario effettuare prove a velocità costante per verificare alcuni parametri. Senza contare che le condizioni della pista sono quantomeno peculiari, con tanto sporco in pista per via del forte vento. Si dirà che sono circostanze uguali per tutti, osservazione veritiera. Ciò non toglie, però, che questa situazione renda più difficile l’analisi di quello che si vede in pista, e faciliti errori da parte dei piloti. Senza dimenticare che in Bahrain si correrà in notturna, a differenza dei test, condotti in larghissima parte di giorno. E la Mercedes, proprio quando la notte era calata su Sakhir, ha colto il miglior tempo di giornata grazie a Valtteri Bottas con le C5, il compound più prestazionale. Dati che presi senza contesto valgono poco, ma tant’è. 

Fatte queste debite premesse, passiamo ai fatti. La Mercedes ieri ha avuto grosse grane alla trasmissione, che oggi si sono viste pure in casa Aston Martin, con Sebastian Vettel appiedato anzitempo in mattinata, pur se per problemi diversi rispetto a quelli riscontrati dal team ufficiale. In un’intervista concessa a Sky Sport, il team principal della Mercedes, Toto Wolff, ha parlato di inizio “orribile”, e della necessità di dimostrare di saper lavorare per risolvere gli inconvenienti al cambio. Che non dipendono da modifiche sostanziali alla trasmissione, per stessa ammissione di Wolff, ma probabilmente – ma qui si entra nel campo delle ipotesi – da scelte aggressive volte ad una maggiore efficienza aerodinamica che possono aver influito sulla tenuta del cambio. 

Ma passiamo all’immagine simbolo della presunta débâcle della Mercedes, la puntata di Hamilton nella ghiaia. La sensazione è che, nella ricerca del carico aerodinamico perduto, la Mercedes, forte della sua superiorità, abbia tentato di risolvere un’equazione sofisticata saltando diversi passaggi, ma abbia sbagliato il segno di qualche incognita. Niente che non si possa risolvere ritracciando i propri passi, e rileggendo attentamente le operazioni eseguite. Forse l’eccessiva complessità del fondo piatto può aver causato qualche pensiero. E spicca pure l’assetto rake, così diverso da quello impiegato con successo lo scorso anno.

In tutto questo, c’è anche un’altra variabile da non sottovalutare. Che i tagli al fondo piatto previsti dal regolamento, per quanto possano essere stati compensati, potessero portare a diverse sensazioni alla guida per i piloti in pista era un’ipotesi plausibile. Ma forse queste differenze di feeling si fanno sentire di più nel caso in cui fino allo scorso anno si aveva a disposizione un pacchetto immacolato. La W12 sembra una diva capricciosa, ma può darsi che sia solo questione di coccolarla, di saperla gestire nel modo giusto. E, in questo contesto, Bottas sembra più efficace di Hamilton nel compito. Questo al netto degli interventi al bilanciamento che, per un team come la Mercedes, dovrebbero essere solo una formalità.

La Mercedes, insomma, titillerà anche le fantasie di chi sogna un campionato più equilibrato, ma considerarla facilmente attaccabile sarebbe un errore. La speranza, per lo spettacolo in pista, è che la Red Bull, con l’offensiva a due punte costituito da Max Verstappen e da Sergio Perez, possa quantomeno avvicinarsi alla regina dell’era dell’ibrido. Ma ipotizzare di più sarebbe un esercizio che gli anglofoni chiamerebbero wishful thinking. Una pia illusione, per dirla all’italiana. Se c’è qualcosa che sappiamo della Mercedes, è che sa tirare fuori il coniglio dal cilindro. Anche se, in questo caso, forse è più che altro questione di semplificare dopo un eccesso di estro. 

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