C’è chi festeggia perché finalmente la F.1 torna a correre e a Monza il prossimo 6 settembre si disputerà la gara a porte chiuse. Ovvero senza pubblico. E c’è chi si pone il problema etico, come Anthony Hamilton, il padre del 6 volte campione del mondo Lewis: “Ci sono ancora tanti morti per il virus, che senso ha correre? Sembra una mancanza di rispetto verso chi soffre”. Vero, ma la F.1 e il mondo intero prosegue la sua corsa senza guardarsi indietro e gli stessi protocolli di sicurezza, stabiliti dalla commissione medica della FIA ed enunciati da Ross Brawn di Liberty Media, l’organizzazione, fanno pensare a una sorta di cinismo: “Anche se troviamo un contagiato, la gara non si ferma e se un pilota ha un meccanico o è lui stesso positivo, salterà l’appuntamento successivo fino a guarigione”.

Adesso immaginate se per caso Hamilton o Leclerc dovessero essere positivi e non poter partecipare alle corse, che senso avrebbe un mondiale che per ora ha solo 8 gare in calendario? Il senso è presto trovato: è solo una questione di soldi. Necessari per far vivere le squadre, necessari per dare un introito al gestore del campionato. Quindi se non si corre non si intasca e se non si intasca, si chiude. O quasi. A parte Mercedes, Ferrari, Red Bull e Renault, tutte le altre squadre dipendono dagli incassi che l’anno scorso sono stati di 2,1 miliardo di dollari di cui 1,7 sono stati divisi fra le squadre come montepremi. Ferrari, Mercedes, Red Bull, McLaren e Williams hanno un bonus supplementare in quanto squadre campioni del mondo o con lunga permanenza, il resto si divide le briciole che vanno da un minimo di 20 milioni di euro fino agli oltre 100 che la Ferrari percepisce per anzianità, titoli mondiali e bonus vari. A questi soldi si aggiungono quelli degli sponsor e quelli della spartizione dei premi nella classifica del mondiale.

Quindi, riassumendo, se la F.1 non corre, non intasca soldi e se non intasca non spartisce. Ma allora perché correre minimo 8 gare? Perché nel regolamento della FIA, la federazione internazionale, è il numero minimo di corse per rendere valido un campionato. Ma gli accordi con le TV, che pagano i diritti, ne servono almeno 15 ed ecco che si faranno due corse in Austria, due in Inghilterra, forse due in Italia e via di questo passo. Per ora non si sa nulla delle gare extraeuropee, di certo il piatto (povero) attuale è il minimo garantito per avere i soldi delle TV (che versano circa 700 milioni di dollari in diritti) e prendere i soldi degli sponsor istituzionali, come Emirates, Pirelli, Heineken, Rolex, Aramco che dovrebbero portare nelle casse di Liberty altri 700 milioni di dollari ai quali, però, non vanno aggiunti quegli degli organizzatori.

Infatti, se a Monza si corre a porte chiuse, è Liberty Media che noleggia l’impianto dando una cifra simbolica di 1 milione, mentre l’organizzazione sarebbe a carico dell’ACI presieduto da Sticchi Damiani. Che da buon politico è riuscito a strappare un anno in più nel contratto (quindi fino al 2025) agli stessi prezzi. Ma correre a porte chiuse vuol dire avere 700 persone legate all’autodromo (400 commissari, più medici, pompieri e addetti sicurezza) oltre a quelli dei team (80 persone a squadra per 10 squadre fa 800) cui aggiungere quelli delle riprese TV (ridotti a meno di 100 visto che le regie saranno gestite da Londra radiocomandate!), uomini della federazione e di Liberty Media.

Quindi, alla fine, per quanto a porte chiuse, si parla di circa 2 mila persone in uno spazio ridotto. Insomma, si corre per sopravvivere e non per il pubblico. Per qualcuno che le gare le guarda in TV non cambia niente, per chi vive di passione è una mancanza di rispetto. In fondo, in Olanda hanno deciso di cancellare tutto proprio perché non poteva accedere il pubblico. Che festa sarebbe stata senza gente sugli spalti? In Olanda hanno scelto, da altre parti hanno accettato. Con buona pace di chi pensa sia solo uno sport invece di una macchina da guerra per produrre soldi per i soliti noti…

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