Tra pochi giorni, il 24 gennaio, ricorrerà il ventesimo anniversario della scomparsa di Gianni Agnelli, personalità di spicco non soltanto della scena industriale per i ruoli ricoperti in Fiat, ma anche della politica italiana, che lo ha visto diventare senatore a vita nel 1991, e in ambito sportivo come presidente e poi presidente onorario della Juventus.

Tutti ruoli trasmessi più o meno direttamente ai suoi eredi, dagli Elkan agli ultimi Agnelli, che fino a oggi hanno guidato il colosso finanziario Exor, quello automobilsitico Stellantis, e le altre attività-chiave legate da sempre indissolubilmente al nome stesso della famiglia, come la squadra di calcio della Juventus, passione numero uno dell’Avvocato, come era soprannominato.

Per coincidenza, l’anniversario cade proprio nei giorni in cui un altro Agnelli, Andrea, (figlio del fratello Umberto) è al centro delle cronache per le turbolenze dovute alla gestione finanziaria della società calcistica nei difficili anni del Covid e al conseguente abbandono del ruolo nel cda di quella Stellantis, ultimo atto in ordine di tempo della metamorfosi della Fiat che proprio Gianni Agnelli aveva avviato ai primi passi all’inizio del nuovo millennio.

L’Avvocato, tra detrattori (pochi) e ammiratori (la stragrande maggioranza), ha rappresentato comunque una figura-chiave nell’Italia dell’ultimo Novecento. Celebri le sue risposte fulminanti (in questi giorni è tornata virale quella che diede a Enzo Biagi sulla passione bianconera del boss mafioso Tommaso Buscetta: “Se lo rivede gli dica che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi”), gli accostamenti-soprannome (‘Pinturicchio’ Del Piero), il garbo estremo pur nella risolutezza delle sue posizioni. Agnelli è stato anche un’icona di stile, di eleganza e di glamour (chi non ricorda l’Audemars Piguet Quantieme perpetual indossato sul polsino della camicia?) e incarna ancora oggi una figura di riferimento per molti imprenditori, giovani e meno giovani.

Ha subito anche prove terribili (il suicidio del figlio Edoardo e la morte prematura del nipote ed erede designato, Giovanni Alberto “Giovannino” Agnelli). Per assicurare una successione non traumatica e mettere ordine tra gli sterminati rami della famiglia ha creato la holding di controllo Giovanni Agnelli & C. Sapaz (dal 2016 di diritto olandese), oggi saldamente nelle mani dei fratelli Elkann, John, Lapo e Ginevra, figli della figlia Margherita (a sua volta al centro di una vicenda giudiziaria dai contorni clamorosi).

Tanto, troppo, si potrebbe scrivere di una personalità così gigantesca, ricordata tra l’atro in una recentissima intervista di Walter Veltroni a Lapo Elkann sul Corriere della Sera. Ma non può essere questa la sede. Limitiamoci a tracciarne una biografia sintetica e a ipotizzare che cosa avrebbe potuto pensare della rivoluzione in atto nell’automotive e delle profonde trasformazioni della Fiat negli ultimi 20 anni.

La vita

Giovanni Agnelli nasce il 12 marzo del 1921, figlio di Edoardo e nipote di Giovanni, tra i padri fondatori della Fiat, e della principessa Virginia Bourbon del Monte. Secondo di sette fratelli, perde il padre ad appena 14 anni per via di un incidente aereo e trascorre il periodo della Seconda Guerra Mondiale tra la carriera militare, conseguendo il grado di ufficiale del Regio Esercito, e gli studi di giurisprudenza, laureandosi nel 1943.

Il titolo di Avvocato in realtà non darà mai il via a un’attività lavorativa, in quanto non sosterrà l’esame per l’abilitazione all’esercizio della professione ma diventerà uno degli appellativi più celebri con cui sarà chiamato per tutta la sua vita.

La sua carriera nell’azienda considerata “di famiglia”, la Fiat, inizia però relativamente tardi: nel periodo postbellico sceglie infatti di lasciare la presidenza a Vittorio Valletta, limitandosi a far parte del cda e preferendo dedicarsi all’attività di sindaco del comune di Villar Perosa, dove la famiglia stessa ha radici, un incarico che ricoprirà fino al 1980.

Il ricordo di Gianni Agnelli (1921-2003), a 20 anni dalla scomparsa

Una foto di archivio. Tra gli altri si riconosce un giovane Cesare Romiti

La gioventù e le influenze culturali

La relativa libertà lo porta a compiere un particolare percorso di maturazione personale diviso tra viaggi, soprattutto negli Stati Uniti, Paese che ammira e che influenzerà molto la sua futura visione imprenditoriale, e relazioni con le più eminenti personalità della politica ma anche dello spettacolo e dello sport, favorite anche dal ruolo di presidente della Juventus.

La prestigiosa società calcistica è un altro interesse a cui è stato “iniziato” dal nonno Giovanni e in cui farà sentire la sua presenza, dopo il mandato originale terminato nel ’54, come presidente onorario fino ai primi Anni ’90.

Un incidente d’auto e un altro occorsogli sugli sci nel ’52, una delle sue passioni, che gli lasciano una lieve zoppia, lo costringeranno a muoversi per parte della vita con l’aiuto di un bastone, rendendo ancor più caratteristica la sua figura. Dal matrimonio, nel 1953, con la principessa Marella Caracciolo di Castagneto avrà due figli, Edoardo e Margherita.

Il ricordo di Gianni Agnelli (1921-2003), a 20 anni dalla scomparsa

Gianni Agnelli con Jean Todt e Gerhard Berger

Il ruolo in Fiat

Alla fine  degli Anni ’50, Gianni Agnelli decide di seguire il suo destino e assume la presidenza dell’Istituto finanziario industriale IFI nel 1959, per poi diventare quattro anni più tardi amministratore delegato di Fiat, della quale assume il definitivo comando nel 1966.

I tempi non sono però più quelli dell’ottimismo e della crescita postbellica, ma quelli delle rivolte studentesche e delle rivendicazioni operaie, in particolare nel ’69, quando il dirigente si trova ad affrontare la difficile questione del rinnovo del contratto collettivo dei metalmeccanici, che sfocia nel celebre “autunno caldo” con gli scioperi che compromettono la produzione.

Mostrando lungimiranza e diplomazia, riesce infine a portare l’azienda a trovare non facili soluzioni di compromesso che nel 1970 fanno ripartire l’attività.

Il ricordo di Gianni Agnelli (1921-2003), a 20 anni dalla scomparsa

Gianni Agnelli con Luca Cordero di Montezemolo

Il focus sull’auto

Sotto la guida di Gianni Agnelli, Fiat mette definitivamente l’auto al centro della strategia industriale, abbandonando i meno redditizi settori nautico e aereo, e rafforzandosi anche con l’apertura dei nuovi stabilimenti al Sud, come Termini Imerese, Termoli e Cassino e al tempo stesso con l’acquisizione di marchi un tempo rivali come Autobianchi, Lancia, e persino Ferrari.

Allo stesso modo, inizia a interessarsi ai marchi esteri, dapprima tentando di acquisire Citroen che però viene “protetta” dalla politica nazionalista francese, e poi concludendo degli accordi per produrre le Fiat nell’est europeo, dalla Turchia (Tofas) alla Jugoslavia (Zastava) alla Polonia (Polski) per arrivare infine alla Russia e all’operazione con Vaz e alla nascita del polo di Togliatti. Punta poi al Sud America, con stabilimenti in Argentina e Brasile.

Il ricordo di Gianni Agnelli (1921-2003), a 20 anni dalla scomparsa

La trasformazione finanziaria e il nuovo millennio

Il cambiamento delle regole comunitarie sull’import, che apre i confini a costruttori esteri, la crisi petrolifera dei primi Anni ’70 e quella generale dell’industria convincono Agnelli a  rivedere l’assetto aziendale in cerca di nuovi capitali sul mercato. Nel 1974 nomina un nuovo responsabile finanziario, Cesare Romiti, e trasforma Fiat in una Holding, dando a ogni divisione una propria autonomia societaria.

Questo orientamento porta alla nascita di realtà importanti come Iveco per i veicoli industriali, Fiat-Allis per le macchine movimento terra e la Fiat Auto per vetture e veicoli commerciali, e ispira altre società contribuendo a consacrare lo stesso Agnelli come industriale capace e innovatore, cosa che lo porta anche alla presidenza di Confindustria nel ’74.

La seconda crisi petrolifera, quella del 1979, costringe tuttavia la Fiat a pesanti tagli e ben 14.000 licenziamenti che fanno di nuovo insorgere i sindacati e provocano altri giorni di scioperi come 10 anni prima, a cui si pone rimedio grazie all’appoggio politico di Enrico Berlinguer, leader del Partito Comunista Italiano, che assicura il proprio sostegno in caso di occupazione delle fabbriche.

La successiva fase industriale è quella della robotizzazione e coincide con il rientro di una figura competente e autorevole, quella di Vittorio Ghidella, alla guida di quello che è ormai diventato un gruppo, e con l’arrivo di modelli di successo come le Fiat Uno e Croma, le Lancia Delta e Thema o l’Autobianchi Y10. Nel 1986 anche l’ultimo rivale storico, Alfa Romeo, viene acquistato dall’I.R.I consentendo a Fiat di diventare leader del mercato europeo e quinto costruttore al mondo.

Il ricordo di Gianni Agnelli (1921-2003), a 20 anni dalla scomparsa

Gianni Agnelli con il pilota della Ferrari Michael Schumacher a fine Anni ’90

Agnelli blinda definitivamente il rapporto tra l’azienda e la famiglia costituendo la Società in accomandita per azioni Giovanni Agnelli che, di fatto, assicurerà ai suoi eredi di mantenerne il controllo, continuando poi a guidarla fino alla soglia del nuovo millennio in attesa di poter passare le redini al nipote Giovannino, figlio del fratello Umberto ed erede predestinato dell’impero degli Agnelli, che purtroppo scompare per una grave forma di tumore nel 1997 a soli 33 anni.

Il vero centro di controllo si rivelerà tuttavia essere un’altra società, creata nel lontano 1927 da Giovanni Agnelli come istituto finanziario (IFI) e diventata, dopo una lunga crescita e molte acquisizioni, l’attuale Exor, società di investimento con sede in Olanda. Questa è principale azionista del gruppo Fiat e delle sue successive evoluzioni, così come del colosso industriale CNH, di Iveco, di Ferrari e anche della Juventus, diventata una società quotata in borsa nel 2001.

La morte e l’eredità

All’inizio del 2003, sei anni dopo la prematura scomparsa di Giovannino, ancora un cancro porterà infine via anche Gianni Agnelli. Non prima, però che questi abbia avviato la Fiat verso una nuova e non facile fase di trasformazione industriale che inizia con la tormentata alleanza tra il Gruppo Fiat e General Motors del 2000, destinata a concludersi cinque anni più tardi facendo salire alla ribalta altre due personalità-chiave.

Sergio Marchionne at Ferrari news conference Milan Italy 01.2016

Sergio Marchionne nel periodo della presidenza di Ferrari. durata dal 2004 al 2018

La prima è quella di Sergio Marchionne, il manager che dopo aver condotto la separazione dal colosso di Detroit firmerà l’importante fusione con Chrysler dando vita a FCA e ponendo le basi per ulteriori alleanze che si concretizzeranno, nel 2020, nella fusione con con la francese PSA e nella nascita del gigante Stellantis, quarto gruppo automobilistico mondiale.

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Carlos Tavares e John Elkann, rispettivamente amministratore delegato e presidente di Stellantis

La seconda è quella di John Elkann, primogenito della figlia di Gianni e Marella Agnelli, Margherita Agnelli, e del giornalista italoamericano di origine francese Alain Elkann, divenuto, alla scomparsa di Giovannino, il nuovo erede designato della dinastia. Nominato dal 2008 presidente e poi AD di IFIL/Exor, nel 2014 assume la presidenza di Fiat, poi di FCA e infine di Stellantis, oltre che di Ferrari e del gruppo editoriale GEDI. 

Con questo doppio passaggio, Fiat ha perso progressivamente il suo status di azienda per ritrovarsi relegato al ruolo di semplice marchio automobilistico, parte di un gruppo che ne conta una ventina in tutto compresi quelli d’oltreoceano, con equilibri non sempre facili.

Tuttavia, si tratta di uno sviluppo di cui lo stesso Gianni Agnelli era ben consapevole, essendo stato, proprio lui tra i primi a profetizzare per il mondo dell’auto un futuro fatto di alleanze, acquisizioni e accorpamenti che avrebbe portato a uno scenario dominato da pochi colossi internazionali destinati a darsi battaglia in un mercato globalizzato.

Non sapremo mai, invece, se avesse immaginato anche l’inversione di tendenza dell’industria, la corsa alla sostenibilità e alla riduzione dei volumi produttivi e ultima, la transizione verso l’elettrico che impegna il settore vent’anni dopo di lui. Quel che è certo è che avrebbe inquadrato il tutto in una delle sue tipiche frasi, destinata a fare storia.

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