UN PUZZLE CHIAMATO GUIDA AUTONOMA – Si chiama SocAIty ed è il variegato studio di 70 pagine, sponsorizzato dall’Audi nel quadro della &Audi Initiative e che vuole affrontare a tutto tondo le questioni legate alla guida autonoma. La Casa tedesca ha messo insieme un panel di esperti, provenienti da Europa, Stati Uniti e Asia, e ha chiesto loro di approfondire tre punti fondamentali: “Leggi e progresso”, con un focus particolare sulla responsabilità, “Fiducia tra uomo e macchina”, che affronta il delicato tema della dimensione etica della guida autonoma, e “Sicurezza in rete”, centrato su protezione e sicurezza dei dati. L’Audi punta molto su questa tecnologia e conta di introdurla nella seconda metà di questo decennio, facendo affidamento su Cariad, la società del Gruppo che si occupa del software di gestione, delle auto e non solo (qui per saperne di più). I presupposti per un’ampia l’accettazione della guida autonoma sono la maturità tecnologica dei sistemi di guida e la dimensione sociale: le condizioni legali e politiche generali definiscono il quadro, ma gli atteggiamenti delle persone sono fondamentali affinché questa tecnologia così innovativa possa affermarsi.
TECNICA E SCIENZA, NON FANTASCIENZA – Saskia Lexen, project manager per &Audi Initiative, ritiene che il lavoro dei 19 esperti (provenienti dai settori della ricerca scientifica, della politica e dell’economia) “definisca un panorama della mobilità al 2030 differente da quello odierno, ma che sarà gestito senza la fantascienza. Audi vuole instaurare aspettative realistiche per le possibilità e i limiti della tecnologia e creare fiducia”. Uno dei risultati più importanti dello studio è che la mobilità del 2030 sarà più diversificata e produrrà un ventaglio di soluzioni ben focalizzate sui loro diversi obiettivi. La micromobilità sarà ancor più variegata, in particolare nelle città, e si saprà adattare al “dove” risiedono le persone. Si è poi riscontrato che l’ambiente urbano induce esigenze di base simili: che si tratti di New York, Londra o Shanghai le richieste di mobilità, flessibilità e le aspettative dei clienti sono comparabili.
USA CHE TRAINANO, CINA PIONIERA – La maggior parte degli esperti indica gli Stati Uniti come forza trainante della tecnologia alla base della guida autonoma. Non tutte le nuove tecnologie necessarie verranno dagli USA ma saranno sviluppate e concretizzate principalmente in quell’area grazie ai capitali e alle competenze presenti. Gli Stati Uniti assumono in generale il ruolo di incubatori mentre in Cina le nuove tecnologie spesso vengono implementate rapidamente e adottate su grandi numeri. Questo Paese ha un ruolo pionieristico nella diffusione della tecnologia anche per il suo alto grado di apprezzamento sociale per l’innovazione. Gli esperti ritengono poi che Europa e Germania saranno importanti sia per innovazione tecnologica e produzione di massa sia come mercato e quindi i diritti dei consumatori europei e le normative sulla protezione dei dati avranno un impatto globale sulle condizioni e sugli standard dei prodotti.
FIDARSI DELLA GUIDA AUTONOMA – Nel 2030 la mobilità sarà caratterizzata da un traffico “misto”, composto cioè da veicoli a guida autonoma e veicoli guidati da persone, cosa che implicherà, per gli utenti della strada, l’imparare nuove regole. Le persone avranno quindi bisogno di tempo per stabilire un rapporto di fiducia con la guida autonoma. Gli esperti ritengono che l’accettazione e la fiducia nella nuova tecnologia arriveranno se ci sarà la percezione di un aumento di comfort, sicurezza e disponibilità. La mobilità autonoma in rete e basata sui dati ha il potenziale per rendere più efficiente, e quindi anche più ecologicamente sostenibile il traffico, ma può avere anche un grande impatto sociale. Le auto-robot possono infatti implementare nuovi servizi, più inclusivi e sociali e basta pensare a chi non vuole o non può prendere la patente o alle persone disabili per capirlo.
IL DILEMMA ETICO – Uno dei temi che vengono tirati più in ballo, anche per scopi sensazionalistici, è il fatidico “chi salvare”: come farà il veicolo autonomo a decidere nel caso si metta comunque in pericolo la vita umana? Christoph Lütge, direttore dell’Istituto per l’etica nell’intelligenza artificiale dell’Università di Monaco, pensa che se “si continua a ragionare nei termini del ‘chi preservare e chi sacrificare’, non andremo molto lontano”. È chiaro che considerare i dilemmi delle situazioni nelle quali l’incidente è inevitabile è essenziale per definire gli aspetti etici della guida autonoma. Questa discussione appare però spesso emotiva e, secondo alcuni esperti, ideologizzata sulla base di considerazioni etiche e di sicurezza. Il panel concorda quindi sul fatto che il prossimo, importante passo da compiere consiste nel definire chiaramente i fondamenti etici basati su situazioni realistiche. Questo deve conciliarsi con le sfide e le domande reali con cui le aziende e i legislatori dovranno confrontarsi.