Il tempo corre veloce e al 2025 manca sempre meno. Fra pochi mesi accoglieremo il nuovo anno, tempo di bilanci, ma anche di nuovi programmi. Entrando nello specifico della mobilità, i player della filiera danno segnali di nervosismo. Tutto per la stretta alle normative posta dalle autorità europee sulle emissioni di flotta, che entreranno allora in vigore.
Timori in aumento
Il primo intervento a gamba tesa era arrivato da Luca de Meo, amministratore delegato di Renault, circa le possibili multe miliardarie alle aziende. Adeguarsi alle misure fissate dagli organi supervisori richiede un dispendio economico non indifferente, e il rischio che qualche compagnia cada in fallo appare concreto. Sullo stesso punto batte ora l’Acea, l’associazione europea dei costruttori europei.
In una nota, il gruppo sottolinea i “timori in aumento”, perciò chiede di slittare di due anni l’applicazione dei nuovi limiti. Dai 116 g/km attuali, la soglia massima di emissioni di anidride carbonica dovrà scendere a circa 94 grammi. Portare a termine il compito non appare facile, in quanto le BEV mantengono un peso marginale sul peso marginale. “Se l’elettrico rimane al livello attuale – afferma de Meo -, l’industria europea dovrà probabilmente pagare 15 miliardi di euro di multe o rinunciare a produrre più di 2,5 milioni di vetture e veicoli commerciali. Perché di fatto, se non si vende un’elettrica, non se ne possono produrre quattro a combustione”.
Oltre alla bassa domanda di modelli full electric, la sfiducia di Acea è da attribuire la concorrenza sleale da parte di terzi (leggi Cina). Di conseguenza, l’industria “non avrà altra scelta se non quella di tagliare significativamente la produzione, il che metterà a repentaglio milioni di posti di lavoro, danneggerà i consumatori e avrà un impatto negativo sulla competitività e sulla sicurezza economica dell’Ue”.
Mancano le condizioni cruciali
Per andare incontro alle condizioni, la quota delle elettriche andrebbe aumentata ad almeno il 20/22%. Tuttavia, rimane ancora al 15% e ciò a causa dell’assenza di “condizioni cruciali per l’adozione su larga scala di automobili e furgoni a emissioni zero: infrastrutture di ricarica e di rifornimento di idrogeno, un contesto produttivo competitivo, energia verde a prezzi accessibili, incentivi fiscali e all’acquisto e un approvvigionamento sicuro di materie prime, idrogeno e batterie”.
Rifacendosi al report sulla competitività redatto da Mario Draghi, “l’ambiziosa transizione” invocata da Bruxelles “non può essere realizzata dalla sola industria”. Questo, a maggior ragione, in mancanza di “misure politiche coerenti per mantenere la competitività del settore e facilitare l’adozione della mobilità elettrica”. Pertanto, la transizione “deve essere resa più gestibile: una revisione sostanziale e olistica del regolamento sulla CO2 sarà fondamentale per valutare i progressi nel mondo reale rispetto ai livelli di ambizione e per adottare misure appropriate”.
Fa eco alle dichiarazioni di Acea il presidente del gruppo Volkswagen, Hans Dieter Pötsch: “L’elettrico è il futuro della mobilità individuale ma, ma i politici hanno dato degli obiettivi al settore senza che siano disponibili le necessarie infrastrutture e senza considerare l’eventuale coinvolgimento dei consumatori. L’Ue deve ora creare le condizioni per il successo dell’elettromobilità in termini di reti, ricarica, materie prime e sostegno agli investimenti. La tendenza all’e-mobility prevarrà, ma ci vorrà più tempo del previsto”.