Trovare il punto di contatto tra la tradizione e il futuro elettrificato è uno dei compiti più impegnativi per le Case automobilistiche. Soprattutto in tema di vetture sportive, molti brand non si rassegnano a cancellare il passato con un colpo di spugna, ma cercano di trasferire i valori e le suggestioni ai nuovi modelli.

Opel ha scelto di farlo ripescando e adattando una delle sue sigle storiche, il badge GSi, alle performance ibride, trasformandolo in GSe e facendolo debuttare su inedite varianti dei suoi modelli elettrificati con un inedito contorno sportivo. Ma da dove trae origine questa famiglia? Ecco la sua storia.

L’esordio con la Manta

La prima Opel a “vestire” la sigla GSi è la Manta di seconda generazione (B), moderna nelle forme e molto competitiva, anche grazie all’impiego nei rally: prime di lei, Opel ha usato sigle simili, tra cui GTE o GT/E, celebri sui modelli come la Kadett e la Manta precedente, in cui la “E” (dal tedesco “Einsprizung”, “iniezione”) indicava la presenza di un sistema a iniezione meccanica o elettronica, a quei tempi l’highlight tecnologico che dava ai motori prestazioni superiori e identificava le versioni top.

Analogamente, GSi sta per “Grand Sport Injection” e ha lo stesso significato. La Manta GSi sostituisce nel 1985 proprio la GT/E, ereditandone il motore 2.0 con iniezione Bosch LE-Jetronic da 110 CV che scendono a 107 sul modello catalizzato, tocca i 187 km/h e scatta da 0 a 100 km/h in 10,5 secondi.

Opel Kadett GSi 5 porte 1985

Opel Kadett GSi 5 porte 1985

Dalla Manta alla Kadett

Quasi in contemporanea con la Manta, la dicitura GSi arriva sulla compatta Kadett E, la quinta generazione: nel suo caso, si inizia con un 1.8 sempre a iniezione elettronica da 115 CV a cuoi si aggiunge  presto affiancato da un 2.0 da 130 CV e più tardi una versione a 16 valvole da 150 CV di quest’ultimo che tocca i 217 km/h e, nella versione non catalizzata, copre lo 0-100 in 7,7 secondi.

Opel Corsa GSi 1988

La sorpresa della Corsa

La fama delle GSi non si deve però tanto alla Manta, che arriva nell’85 con il modello a fine carriera, o alla Kadett, ma alla variante sportiva della piccola Corsa. La Corsa GSi, nel 1989, è una piccola rivoluzione perché nel segmento delle utilitarie i motori a iniezione sono ancora più che rari.

Il suo 1.6 da 98 CV con la stessa Bosch LE Jetronic a gestione elettronica è accompagnato da una personalizzazione estetica e un telaio ad hoc, con spoiler anteriore e posteriore, paraurti e specchietti retrovisori in tinta la carrozzeria, sedili avvolgenti in tessuto specifico, volante a tre razze e strumentazione con contagiri, manometro dell’olio e voltmetro. La piccola vola a 188 km/h con 0-100 in 9,5 secondi.

Opel Corsa B GSi 1993

Ancora meglio fa la seconda generazione, nel 1993, adottando sul pepato 1.6 una testata a 16 valvole che porta la potenza a 109 CV, mantenendo lo scatto ma portando la velocità massima a 195 km/h. Dotato di iniezione Multec-S, è il più piccolo bialbero a 4 valvole per cilindro realizzato da Opel.

Negli anni seguenti, la sigla GSi lascia il posto a un altro badge destinato a far parlare di sé: le Opel ad alte prestazioni sono infatti firmate dall’Opel Performance Center e siglate OPC. Con questo brand, e i motori turbo le prestazioni salgono in modo vertiginoso, fino a che la svolta ambientalista fa sparire una dopo l’altra i motori più potenti in favore di unità più ecologiche.

Opel Astra GSe

Oggi, i nuovi modelli ibridi GSe sono la continuazione di questa tradizione: su Grandland e nuova Astra i powertrain benzina/elettrici ripartono da 225 e 300 CV nella variante a trazione integrale, ma accompagnate da specifici assetti e un look che recupera in pieno l’eredita delle GSi e delle OPC.

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