Un anniversario coi fiocchi, che sottolinea l’importanza del legame di Porsche con l’universo a selle e strisce

Sono passati 70 anni dallo sbarco Porsche negli Stati Uniti. All’inizio nessuno avrebbe potuto ipotizzare il successo travolgente della auto di Stoccarda in America, ma è andata proprio così. Nell’autunno del 1950, le prime sportive del marchio arrivarono sull’altra sponda dell’Oceano, segnando l’inizio di una storia molto felice, che ha toccato nuove vette negli ultimi dieci anni.

Era l’autunno del 1950 quando un fatidico incontro tra Ferdinand Porsche e Max Hoffman portò alla decisione di esportare quelle creature ancora sconosciute nel suolo a stelle e strisce. Il risultato è stato un idillio divenuto nel tempo più forte di quanto si potesse immaginare.

Nel 2020 Porsche spegne le candeline sulle sette decadi di relazione, celebrando l’anniversario dell’arrivo sul mercato statunitense. Se si considera che la nascita della 356 risale al 1948, emerge subito come la scommessa americana prese forma quasi all’inizio del cammino. Sin da subito, la giovane azienda tedesca di auto sportive attirò l’attenzione di un venditore visionario di New York.

Protagonista dell’intuizione fu il commerciante austriaco Max Hoffman, arrivato nella Grande Mela il 21 giugno 1941. Lui, nel 1947, aprì il suo showroom in Park Avenue, che poi fu ridisegnato da Frank Lloyd Wright. Il successo con cui, in poco tempo, importò marchi europei già noti al grande pubblico gli permise di accogliere in “scuderia” anche brand meno conosciuti. 

Favorevole a Porsche fu l’intervento di Max Troesch, un giornalista che avendo guidato una 356, fece il possibile per incoraggiare il reclutamento: “Sono sicuro che questa vettura si farà un nome“. La sfida non era semplice, perché le auto della “cavallina” di Stoccarda erano più costose ed avevano un motore più piccolo di quelle proposte dai rivali, ma Hoffman sapeva che chiunque avesse guidato un mezzo di Zuffenhausen si sarebbe reso conto della sua miscela unica di affidabilità, agilità e usabilità quotidiana.

A lui toccò anche far conoscere il marchio alla clientela degli Stati Uniti, perché Porsche non aveva budget per un’importante campagna pubblicitaria. Il marketing puntava molto sugli aspetti emotivi del modello ed ebbe una buona presa sul pubblico. La strategia guadagnò terreno e nel 1954, a pochi anni dall’avvio del matrimonio, 11 vetture a settimana furono vendute tramite Hoffman, pari al 30% della produzione annuale del marchio tedesco. Nel 1965, ultimo anno del modello 356, la quota statunitense delle vendite Porsche era salita a un enorme 74,6%.

Una parte sostanziale del crescente successo è ascrivibile al merito di un altro nativo austriaco: John von Neumann, che aveva aperto la sua concessionaria Competition Motors a North Hollywood nel 1948. Lui, da pilota appassionato, svolse un ruolo importante nell’introdurre il marchio Porsche nella scena degli sport motoristici, con i riflessi positivi del caso. A fare il resto, ci pensò l’arrivo di clienti famosi come James Dean. Il cammino felice è giunto fino ai nostri giorni, nonostante alcune parentesi negative, legate in particolare alla fine degli anni novanta, ma l’introduzione della Boxster ha riportato il trend sul binario giusto. Poi a guadagnare la scena ci hanno pensato le Cayenne e le altre. Il resto è storia dei nostri giorni, con risultati e prospettive di rilievo.

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