WRC, Morocco Desert Challenge, Olympia, Swank, Desert Master. Un’invasione di Rally diversi con un obiettivo comune: far divertire, appassionare. Ma le regole della sicurezza sono uniche, e talvolta non sono in prima linea


4 maggio 2023

Marocco, Aprile. Il video è agghiacciante. Un’auto da corsa lanciata sulla spiaggia. Immagini di camera car e amatoriali casuali. È il Marocco Desert Challenge. Velocità elevatissima. La macchina passa davanti alla camera e va via come un missile. D’un tratto, in lontananza, sembra esplodere. Trova un ostacolo, un dosso, e in effetti, esplode. L’equipaggio si salva, illeso, la gabbia di sicurezza ha tenuto. Ma quella volata dal sapore suicida sembra essere un di più, un di troppo completamente gratuito, inammissibile. Che senso ha tutta quella velocità fine a sé stessa? Nessuno. Stessi giorni, stesso Rally, muore un navigatore in uno strano incidente. L’incidente nella polvere, un’auto colpisce l’SSV Polaris di Patrice Garrouste a forte velocità, si dice 140 all’ora, dalla parte del navigatore. Laurent Lichtleuchter muore bruciato, si dice “sul colpo”. Se si intende il colpo dell’altra auto ci credo, che istantaneamente l’amico e pilota di Extreme Plus abbia perso conoscenza e vita, purtroppo ci credo meno. Sembra un espediente per eliminare dal quadro della tragedia la componente della sofferenza. Assurdo, inutile. Come dire è morto un po’ meglio. Stessi giorni, stesso Rally, muore il Motociclista olandese Bram van der Wouden. 48 anni, si preparava per la Dakar 2024. Lo ritrovano accanto alla Moto. Esausto, disidratato. Colpo di calore, dicono. Su quel Rally Rudy Briani posta un commento che è una raffica ad alzo zero. Sensata. Rudy Briani è un professionista. Navigatore, organizzatore, esperto.

È un brutto momento. Due settimane drammatiche. Nei Rally delle Auto altre tragedie. Rally Croazia WRC, pre-evento. Craig Breen. L’auto di traverso e l’impatto di un palo di recinzione entrato attraverso il finestrino del Pilota irlandese. Poi gli incidenti in Spagna. Julio Cesar Castrillo e il navigatore Francisco Javier Alvarez periti durante il Rally Villa de Tineo, e il pilota David Lopez Tomico deceduto al Rallysprint di San Bartolomé de Pinares. Il momento è ancor più brutto perché i più hanno sommato la pericolosità del Rally-Raid alla pericolosità del Rally. che per la verità sono mondi un po’ diversi.

Sensazionalismo giornalistico. Riavvolgiamo il nastro, sennò sembra che lo stiamo facendo anche noi. Ammettiamo la pericolosità intrinseca e evidente del Motorsport. Consideriamo anche la fatalità, che potrebbe essere la piattaforma di tutti gli incidenti mortali di cui si è parlato. Non per liquidare la faccenda come inevitabile ma per stabilire una base neutra sulla quale sviluppare un’analisi il più possibile fredda, obiettiva. Non è né il momento né il luogo per dire che quegli incidenti potevano essere evitati. Qui ci interessa vedere se c’è una via per cercare di evitarne sempre di più in futuro. Penso di sì. Quella via è già nella regola principale del successo, del primato, nel marketing e nell’immagine. Certamene nello Sport, e nella vita. Quella regola è FARE MEGLIO.

OK, parliamo di Sicurezza. C’è un solo modo per fare meglio, per tendere al massimo in tema di sicurezza. Primo. Partire dallo standard più levato e applicarlo alla condizione più sicura di gestione del pericolo. Cioè: da una parte impiegare il massimo delle risorse, umane, economiche, tecniche e di competenza, e dall’altra inventare, stabilire e imporre delle regole che offrano un innalzamento della soglia di pericolosità. Secondo. Non fissare gli standard, ma innalzarne continuamente il livello partendo ogni volta da quello raggiunto in precedenza. La Dakar è un esempio. Non è priva di difetti di varia natura, ma sul piano della sicurezza è diventata intransigente e continua a migliorarsi senza sosta. Per questo la Dakar è il riferimento. Si dirà che l’incidente, che la morte è sempre meno “popolare”, e che quindi la sicurezza è un’esigenza anch’essa di marketing. Fa niente, questo non sposta la validità universale del fine. Quindi. Se la Dakar ha X medici, Y mezzi, Z infrastrutture per numero di Concorrenti, questo rapporto deve essere preso come riferimento, e l’organizzatore che sta sotto a questo indice, che chiameremo di soglia minima di Sicurezza, non ha un Rally sicuro, non è all’altezza, non può essere ammesso. Si dirà, ancora, che la Sicurezza costa e solo la Dakar può permettersi simili risorse. Tant pis, quello è il livello minimo, se non lo puoi raggiungere apri un chiosco di gelati sulla duna e avrai più fortuna, non pretendere di organizzare un Rally.

Poi ci sono le regole. Anche in questo caso la regina dei Rally-Raid, la Dakar, insegna. A volte proponendo regole vincenti, a volte… sbagliando e comunque aprendo la strada della revisione. In questo senso si lavora molto sul roadbook, quindi sulla navigazione, e sui limiti di velocità. la trasformazione progressiva del roadbook continua ad aiutare, i limiti di velocità sono un’arma a doppio taglio. Primo perché quando si dice 150-160 all’ora nel Deserto si sta comunque parlando di velocità pazzesche, secondo perché, come abbiamo visto per esempio nel doppio, quasi simultaneo incidente delle Audi di Sainz e Peterhansel, talvolta il limite porta ad andare forte dove si dovrebbe andar piano. E ad esagerare. Per la verità non mi piace neanche il Balance Of Performance. L’equilibrio delle prestazioni, ottenuto applicando dei fattori limitanti, o livellanti, cavalli, peso, se da una parte tarpa le ali alla sana e pura inventiva dei tecnici, dall’altra sposta sul rischio il fare la differenza.

Poi, ancora, i pericoli. Questi vengono generalmente indicati da una specifica nota sul roadbook e “raccomandati” ai briefing. Questo impone che il roadbook sia fatto benissimo e che i concorrenti lo interpretino alla perfezione passando con precisione su quelle note. Non è scontato. Ancora l’incidente delle Audi. Se Sainz e “Peter” fossero passati esattamente sulla nota sarebbero scesi dolcemente dalla duna. Pochi metri di lato, per tagliare qualche metro di percorso, e sono volati giù nel precipizio della duna tagliata. Provo a dire: trasformiamo i punti pericolosi in waypoint, nel senso facciamoli cercare e trovare con fatica attraverso la strumentazione, e pensiamo ad una velocità controllata e a un segnale acustico da incubo, leggi Sentinel, quando entri nel raggio del pericolo. La tecnologia c’è. Un po’ di lavoro e potrebbe funzionare, credo.

Idee Rare. Ogni giorno c’è qualcuno che ha un’idea. Ogni tanto una è semplice e geniale. Swank Rally Marocco e Desert Master Tunisia. La gara-non gara di Deus abbassa la velocità massima addirittura a 110 KM/H. Si dirà che non è una gara, ma è un’idea su cui lavorare anche sui Rally-Raid veri e propri. Su certi tratti come quello del video agghiacciante, per esempio. Edo Mossi cambia tutto, visione e… marcia con un concetto che, in verità, dobbiamo ancora scoprire nella sua applicazione. Il suo Desert Master tunisino del prossimo Ottobre, inedito, mette a regolamento il cambio con le ridotte, e a briefing il vivo consiglio di portare la pressione delle gomme sotto 1 bar. Ergo, la gara si misura su altri parametri, e il confronto si sposta su altri piani di bravura. A velocità ridotta e sicurezza aumentata. Scommetterei non meno divertente e interessante.

© Immagini Red Bull Content Pool, W2R Championship – DPPI – Toyota – BRX – Sonora Rally

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