La splendida lotta mondiale tra Lewis Hamilton e Max Verstappen nel 2021 ha abituato troppo bene i nuovi appassionati. La vera F1 è quella che vediamo oggi, ciclica nel dominio di una scuderia


24 marzo 2023

C’era una volta la Formula 1 fatta di lotte senza esclusione di colpi fino all’ultima gara, penseranno gli appassionati che si sono avvicinati di recente alla categoria dopo un inizio di stagione in cui la Red Bull si è imposta sulla concorrenza con una forza tale da far presagire l’inizio di un ciclo di dominio. Ma la verità è che quella F1 non è mai esistita. O meglio, rappresenta un caso isolato a fronte di tante occasioni in cui a farla da padrona è stata una sola scuderia.

Riavvolgendo il nastro della storia della F1, si incontrano inevitabilmente diversi domini. I più recenti raccontano di una Red Bull imbattibile all’inizio degli anni Dieci e di un’implacabile Mercedes capace di polverizzare la concorrenza dall’alba dell’era dell’ibrido. Ma i tifosi italiani dalla trentina in su si ricorderanno benissimo pure l’epoca d’oro della Ferrari negli anni Duemila, con Michael Schumacher capace di vincere un mondiale a luglio. Correva il 2002, e nessuno in Italia si lamentava, perché l’appetito di vittorie vien mangiando, se la scuderia dominante è quella giusta.

Prima della Ferrari ci furono la McLaren e la Williams, nomi che oggi ritroviamo sul fondo dello schieramento. Corsi e ricorsi storici, in cui cambiano i protagonisti, ma non l’effetto finale. E allora tocca sperare di vedere lotte intestine all’interno del team di punta, alla Prost e Senna. Ma anche questi restano casi isolati, perché per i top team è più semplice avere un gregario a servizio della punta di diamante che due galli nel pollaio.

I nuovi appassionati della F1, attratti da Drive to Survive durante la pandemia e diventati spettatori di uno dei mondiali più tirati e carichi di significato in quel 2021 in cui si percepiva già di stare assistendo alla storia, non sapevano che si trattava di un’eccezione. La verità è che Liberty Media, beandosi dei numeri ottenuti grazie a un mondiale quasi senza precedenti, ha venduto un prodotto che nella realtà dei fatti non esiste.

Anche il tanto magnificato cambio regolamentare non ha sortito gli effetti sperati, ma era inevitabile che andasse così. All’inizio di un nuovo ciclo tecnico, è normale che la scuderia che ha interpretato meglio le normative finisca per godere di un vantaggio sulla concorrenza. La convergenza tecnica verso la filosofia più premiante – fenomeno a cui stiamo assistendo oggi – richiede tempo. Non è un caso che la sfida tra Lewis Hamilton e Max Verstappen nel 2021 sia occorsa al termine di un ciclo iniziato parecchi anni prima.

Questo non vuol dire che non ci siano storie da raccontare. Lo dimostra Fernando Alonso, più veloce del tempo che passa e più forte delle scelte sbagliate che negli anni gli hanno negato i successi che avrebbe meritato. Ma ognuno degli uomini sullo schieramento della F1 ha qualcosa da dire, un’essenza profonda che si nasconde dietro il pilota. E la stessa lotta tecnica per inseguire chi si sta producendo in una fuga che pare inarrestabile è affascinante.

Anche se qualche Gran Premio suscita lo sbadiglio, anche se la vera lotta non è per le prime posizioni, a meno di colpi di scena, c’è sempre qualcosa che riesce a catturare chi è davvero appassionato. È quell’adrenalina che ti prende nel momento in cui è ancora tutto possibile, pochi secondi prima che si spengano le luci e che cominci l’azione in pista. È questa la vera essenza di uno sport che resta emozionante anche quando una scuderia lascia solo le briciole alla concorrenza, come è già successo tante volte e succederà ancora. Questo non vuol dire non ci siano margini di miglioramento. Ma vendere la F1 per qualcosa che non è diventa controproducente. 

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