Tavares: “Stellantis uno scudo per l’occupazione”

RISPARMI E CONDIVISIONI – 400.000 dipendenti di 150 nazionalità e presenza in quasi tutti i mercati mondiali: questa è Stellantis, nata dal matrimonio tra i gruppi FCA e PSA. Nel primo appuntamento con la stampa, l’amministratore delegato Carlos Tavares (a sinistra nella foto qui sopra insieme al presidente John Elkann) ha delineato a grandi linee il suo futuro. La sfida è quella di rendere profittevoli tutti i marchi, grazie a profonde sinergie che valgono 5 miliardi di euro l’anno. “Parliamo di auto-sorelle, che devono usare più componenti in comune possibile, almeno finché il consumatore riesce a percepirle come auto diverse: è il caso di Opel Corsa e Peugeot 208. E parliamo non solo della piattaforma, ma anche di molti componenti invisibili”. Entro la fine del 2021 arriveranno dieci novità, ed entro il 2025 ogni nuovo modello introdotto avrà una versione elettrificata.

UNO “SCUDO” PER IL LAVORO – Ovviamente, molte delle domande poste dai giornalisti hanno riguardato la chiusura di stabilimenti che una fusione di queste dimensioni potrebbe portare con sé. Ma Tavares ha ribadito la volontà di non procedere in questa direzione. Anzi, secondo il manager portoghese “Stellantis è uno “scudo” per i posti di lavoro, anche italiani. Una soluzione anziché un problema”; senza questa fusione la situazione sarebbe stata peggiore e le chiusure più probabili, perché da sole FCA e PSA non avrebbero potuto contare su sufficienti economie di scala. Inoltre, ha ricordato Tavares, quando l’auto esce dalla fabbrica, il suo costo “è rappresentato per l’80% dalle componenti e solo per il 10% dal costo del lavoro, ed è quindi sui primi che bisogna intervenire più massicciamente, lavorando su progettazione, distribuzione e fornitori”. 

IL FUTURO DI ALFA ROMEO E MASERATI – Tante le domande, anche sul futuro di marchi italiani come Fiat, Alfa Romeo e Maserati, riguardo ai quali Tavares è parso ottimista, ricordando come il gruppo abbia gli strumenti giusti per portare nuovi modelli a Fiat, proprio come è stato fatto con la Opel (che, dopo essere stata acquisita dal gruppo PSA, è tornata in attivo e vi è rimasta  persino nei primi sei mesi del 2020, nel pieno della pandemia). Tavares, inoltre, ha sottolineato il fatto che le auto del marchio italiano non hanno oggi motori inefficienti dal punto di vista delle emissioni di CO2, né da “pensionare” il prima possibile; a differenza di quelle prodotte dal marchio tedesco subito dopo la vendita da parte della General Motors. Per i restanti due brand, invece, “non abbiamo intenzione di fare altro che supportarli”. Al momento, però, non esistono piani già approvati e tutto è ancora nella fase di studio delle possibilità.

 “PESATE” BENE LA CO2 – L’amministratore delegato del gruppo Stellantis non ha poi nascosto gli enormi costi dell’elettrificazione, auspicando che venga tenuto conto nel calcolo dell’inquinamento e delle emissioni di CO2 non solo quanto emesso dall’auto mentre viene guidata, ma il contributo di tutta la filiera: dall’estrazione dei materiali (compresi quelli destinati alle batterie delle elettriche) al loro riciclaggio, passando per i costi ambientali della creazione di un’infrastruttura di ricarica. “È un dato di fatto che, rispetto alle vetture convenzionali, le elettriche nascano con una “penalità” di CO2, che viene pareggiata solo dopo aver percorso diversi chilometri”.

CINA E SUDAMERICA – Le sfide di Stellantis, però, non sono solo europee: il quarto gruppo automobilistico al mondo è presente anche in Cina, dove sia FCA sia PSA hanno avuto risultati deludenti e dove verrà avviata una profonda indagine sui perché dell’insuccesso, e in America. Nel Nord del continente è stata confermata la volontà di non introdurre per ora nuovi marchi, di fatto bloccando (almeno temporaneamente) lo “sbarco” di Peugeot. In Sud America, invece, Stellantis può contare su una quota di mercato di circa il 70% e deve affrontare sfide di diverso tipo. Le sempre più stringenti normative locali rendono difficile produrre e vendere auto (tanto che la Ford ha appena annunciato la chiusura di tre stabilimenti in Brasile) mentre, secondo Tavares, i modelli fortemente elettrificati non sarebbero ancora alla portata della maggioranza degli automobilisti locali. “Abbiamo la tecnologia”, ha spiegato, “ma la classe media (sudamericana ndr) può permettersela?”. Una domanda che sembra rivolta anche al ceto politico di altre aree del mondo, Europa in primis.

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