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Ai giorni nostri, con il continuo bisogno di adeguamenti dettati dalle normative sulle emissioni, non sembra più possibile che una famiglia di motori possa rimanere al suo posto, con gli aggiornamenti del caso, per decine e decine di anni, salvo in casi eccezionali.

La Serie L sviluppata da Bentley e Rolls Royce rientra decisamente in questa lista, se si considera che questa famiglia di V8, composta sostanzialmente da due unità di 6,25 e 6,75 litri, ha preso vita nel 1959 ed equipaggiato la maggior parte dei modelli delle due Case britanniche per i 6 decenni successivi riuscendo a spegnere le 60 candeline poco prima di uscire di scena nel 2020.

Un po’ di storia

Dopo aver acquisito Bentley nel 1931, Rolls-Royce alle soglie degli Anni ‘50 iniziò ad aver bisogno di un nuovo motore che sostituisse gli anziani 6 e 8 cilindri in linea che equipaggiavano le Rolls-Royce Silver Wraith, Silver Dawn e Bentley Mark VI e la limousine Rolls-Royce Phantom IV.

Nacque quindi un nuovo progetto interno di ricerca e sviluppo che portò alla realizzazione di una famiglia di V8 noti genericamente come Serie L ma in realtà siglati internamente “L410” in specifico riferimento all’alesaggio di 4,1 pollici (104,14 mm) comune a tutte le varianti.

Questo fu definito dopo che una prima versione sperimentale da 3,8 pollici di alesaggio (L380) e 5,2 litri di cilindrata venne giudicata non ancora abbastanza potente per le esigenze delle grandi vetture inglesi, suggerendo un ulteriore aumento.

Nonostante alcune caratteristiche, come l’angolo di 90° tra le bancate e la distribuzione ad albero a camme centrale con aste e bilancieri, li accomunassero ai grossi motori americani dell’epoca, questi V8 erano al 100% frutto dell’esperienza delle due Case inglesi, che dovevano parte della loro fama, specie nel caso di Rolls-Royce, quasi più alla produzione di motori che a quella di automobili.

I Serie L avevano infatti il blocco cilindri in lega di alluminio con camicie bagnate, l’albero a camme azionato tramite ingranaggi, un interasse cilindri di 120,7 mm, camere di scoppio a forma di cuneo e un ordine di accensione che seguiva una sequenza piuttosto insolita: 1-5-4-8-6-3-7-2.

Queste caratteristiche sono rimaste quasi del tutto invariate fino al 1998 nel caso di Rolls-Royce, che da quell’anno ha iniziato a equipaggiare i suoi modelli con i motori V12 forniti da BMW, e fino al 2020 da Bentley che pur essendo passata sotto Volkswagen nello stesso periodo ha continuato a utilizzare i propri 8 cilindri affiancati dai W12 tedeschi sui modelli nuovi come la Continental GT

I V8 sviluppati da Bentley e Roll-Royce

La versione da 6,25 litri

Il primo dei nuovi V8 introdotto sul mercato aveva una corsa dei cilindri di 91,44 mm e una cilindrata totale di 6.230 cc. Questo motore, con potenze poco superiori ai 200 CV fu utilizzato dal 1959 al 1982 su diversi modelli come le Rolls-Royce Silver Cloud II e II e Silver Shadow, le loro gemelle Bentley S2, S3 e T e ancora le Rolls-Royce Phantom V e VI.

I V8 sviluppati da Bentley e Roll-Royce

La versione da 6,75 litri

La seconda variante arrivò nel 1968 e debuttò sotto il cofano dell’iconica Rolls Royce Phantom VI: grazie ad un aumento della corsa del pistone da 91,44 a 99,06 mm, la cilindrata crebbe 6.750 cc, anche se la Casa fu sempre restia a dichiarare la potenza, che probabilmente non era molto superiore a quella della 6,25. Il vantaggio principale dell’aumento di cubatura riguardava infatti, almeno in un primo momento, l’incremento della coppia.

Questo propulsore, anche conosciuto come “6 ¾”, ricevette nel corso degli anni diversi aggiornamenti, come l’adozione dell’iniezione elettronica, riuscendo così a rimanere in commercio fino al 2020, accompagnando a fine carriera l’ammiraglia Bentley Mulsanne e diventando così uno dei motori V8 britannici più longevi e più famosi, al pari del V8 Rover/Land Rover.

Motore V8 6.75 Turbo Bentley

Motore V8 6.75 Turbo Bentley

A partire dal 1982, Bentley provò a ravvivare immagine e prestazioni delle sue berline proponendo delle varianti del V8 da 6,75 litri sovralimentate con due turbocompressori MHI, uno per ciascuna bancata. Da quel momento le prestazioni presero a salire notevolmente raggiungendo i 530 CV e i 1.050 Nm sulle ultime Brooklands e Mulsanne.

I V8 sviluppati da Bentley e Roll-Royce

Questi propulsori sono sempre stati realizzati nello storico stabilimento di Crewe. Ciascuno richiedeva circa 30 ore di lavoro ed era corredato con una targhetta recante la firma del tecnico che l’aveva assemblato (come accade tuttora per i motori AMG). All’uscita di produzione nel 2020 il loro posto è stato preso dai V8 TFSI da 4 litri del gruppo Volkswagen delle attuali Flying Spur V8 e Continental GT V8.

Un po’ dell’eredita dei Serie L sopravvive inoltre ancora, indirettamente, sulle moderne Rolls-Royce: l’unità che dal 2017 spinge l’ammiraglia Phantom e il SUV Cullinan, siglata 6.75, ha appunto una cilindrata di 6.750 cc in omaggio allo storico propulsore delle antenate. 

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