La sostanza si tocca con mano

Non è solo da accarezzare con lo sguardo l’Aston Martin DBX: la prima suv del marchio britannico si può godere anche col tatto, lasciando scivolare le dita sui materiali pregiati degli interni (assemblati a mano, richiedono più di 200 ore di lavoro), sui rivestimenti in legno, sui particolari in fibra di carbonio, sulla profumata pelle increspata da impeccabili impunture, per poi indugiare sui ninnoli realizzati in alluminio massiccio: chiave di contatto, profili nelle fiancate (che richiamano quelli delle Aston Martin di un tempo) e negli interni porta, bocchette di ventilazione, senza dimenticare la grintosa mascherina dalle lunghe alette. 

Grande e filante

Le suv piacciono così tanto che nessun costruttore può permettersi di non averne almeno una in listino. Neppure i marchi più prestigiosi: dopo la Bentley Bentayga, la Lamborghini Urus e la Rolls-Royce Cullinan (e in anticipo sull’annunciata Ferrari Purosangue) arriva l’Aston Martin DBX, prima “tuttoterreno” (e anche prima 4×4) della blasonata casa inglese. A livello di prezzo – 198.378 euro – è in linea con le rivali, almeno al netto degli accessori. Da ammiraglia le dimensioni: supera i cinque metri di lunghezza e arriva a due di larghezza. Ma è alta appena 168 cm (come l’Alfa Romeo Stelvio) per cui – complici i cerchi di 22” che riempiono i torniti passaruota – non manca di slancio e di eleganza. 

Solo materiali leggeri e di qualità

Costruita rincorrendo il miglior compromesso fra rigidezza della struttura e contenimento della massa (che comunque raggiunge i 2245 kg), l’Aston Martin DBX ha la scocca in alluminio e le pannellature esterne in lega leggera e fibra di carbonio. I richiami stilistici ad altri modelli del marchio (come la mascherina) ben si amalgamano a soluzioni distintive quali i passaruota anteriori con estrattori d’aria (anche neri a 990 euro o in fibra di carbonio a 3.550 euro). Nella vista posteriore spiccano la fascia di led che collega i fanali (la relativa finitura scura costa 710 euro), lo spoiler “a coda d’anatra”, l’estrattore aerodinamico e i due terminali di scarico (a richiesta in fibra di carbonio) inglobati da un inserto nero nello scudo. Il lunotto molto inclinato (e sovrastato da un piccolo alettone) dà ulteriore slancio all’insieme, ma penalizza la visibilità. Fra gli optional, anche le pinze dei freni colorate (a partire da 1.420 euro), la vernice speciale (da 5.680 a 7.100 euro) e i vetri posteriori scuri (710 euro).

Cuore tedesco e assetto rialzabile

Sotto il basso e profilato cofano dell’Aston Martin DBX batte il poderoso 4.0 V8 biturbo di origine Mercedes-AMG (con cui c’è un accordo di fornitura dal 2013) già impiegato nella DB11 e nella Vantage e per l’occasione adattato al nuovo impiego. La potenza è cresciuta da 510 a 551 CV (erogati a 6500 giri) intervenendo sul rapporto di compressione, sul complesso di sovralimentazione e sul relativo sistema di raffreddamento; considerevole pure la coppia massima, che vale ben 700 Nm, disponibili fra i 2200 e i 5000 giri. Costruito tutto in lega di alluminio, il V8 è abbinato a un cambio automatico a 9 marce e alla trazione integrale, che impiega un albero di trasmissione in fibra di carbonio e differenziali centrale e posteriore a controllo elettronico (il secondo, a slittamento limitato); il sistema può distribuire la coppia in misura variabile, se necessario arrivando a inviarne quasi il 100% a un singolo asse (di norma la suddivisione è 53% al retrotreno e 47% all’avantreno). Quanto alle prestazioni, le cifre sono da vera granturismo: secondo la casa bastano 4,5 secondi per accelerare da 0 a 100 km/h, e la velocità di punta è di 291 km/h.

Puoi guidarla in sei modi differenti

Soluzioni raffinate anche per l’assetto, che conta su sospensioni adattative con molle pneumatiche che consentono di aumentare la distanza minima da terra da 190 a 235 mm, cosa utile quando si abbandona l’asfalto: per quest’evenienza, l’Aston Martin DBX dispone pure di due modalità di guida specifiche (Terrain e Terrain+, con limitatore di velocità in discesa regolabile), oltre a vantare angoli caratteristici relativamente agili (anteriore 25,7°, posteriore 27,1° e dosso 18,8°, con le sospensioni alla massima estensione) e una capacità di guado di 50 cm. Quattro, invece, le modalità per l’uso su asfalto, fra i quali i prestazionali Sport e Sport+, oltre al “confortevole” GT e all’Individual, che ingentilisce pure la voce del V8 agendo su una valvola nell’impianto di scarico. Per aumentare la maneggevolezza ci sono il sistema anti-rollio (gestito da un impianto elettrico supplementare a 48 volt), che limita il coricamento laterale in curva, e la possibilità di abbassare l’assetto di ben 5 cm. 

Un arioso salotto di lusso

Il tetto panoramico in vetro (di serie) “illumina” un abitacolo a dir poco opulento, ed è schermabile con un tendalino elettrico in Alcantara, lo stesso materiale impiegato nei rivestimenti di serie. Alle impeccabili finiture si aggiungono le quasi infinite possibilità di personalizzazione, partendo da una base di 35 tipi di materiali e colori. Fra le opzioni per la selleria c’è la pelle pieno fiore estesa alla plancia e ai pannelli delle porte: se si sceglie quella speciale Contemporary occorrono 3.120 euro, mentre ne costa ben 14.200 la Q Exclusive. Anche se improntata al lusso, l’Aston Martin DBX non rinuncia a sportive e fascianti poltrone con poggiatesta integrato: derivano da quelle della DB11, ma qui sono provviste di braccioli separati per guidatore e passeggero; per 710 euro possono essere dotate di regolazione elettrica con memoria, e per 1.410 di ventilazione (estesa anche al divano). Totalmente digitale la strumentazione (con lancetta del contagiri che gira alla rovescia), costituita da un display di 12,3” (di “sapore” Mercedes). Nella parte alta della consolle è invece incorniciato lo schermo di 10,25” del sistema multimediale (con protocollo Apple CarPlay), controllabile anche dal touch pad nel tunnel (710 euro), che all’occorrenza visualizza le immagini delle telecamere perimetrali.

Promossa pure in praticità e sicurezza

Col contributo della rilevante misura del passo (306 cm), l’abitabilità è ottima: offre cinque posti e lo spazio, anche in altezza, non manca nemmeno per i passeggeri posteriori (nonostante il tetto spiovente). L’Aston Martin DBX è una “sportiva da famiglia” anche per ciò che concerne il bagagliaio, dotato di portellone a sollevamento elettrico e capace di contenere 632 litri, mentre il divano ha lo schienale con frazionamento 40:20:40 (reclinando la porzione centrale si possono caricare oggetti lunghi, come gli sci, e mantenere quattro posti utilizzabili). Fra le varie opzioni il Pet Package con doccia portatile per gli amanti dei cani, o lo Snow Package con sistema di riscaldamento degli scarponi da sci. Oltre ai fari full led a orientamento automatico e con abbaglianti assistiti, dell’equipaggiamento standard fanno parte i più avanzati sistemi di assistenza alla guida: dal cruise control adattativo alla frenata automatica d’emergenza che individua anche i pedoni, passando per il mantenimento in corsia; presenti pure il monitoraggio degli angoli ciechi nei retrovisori, il riconoscimento dei segnali stradali e il sistema che avverte se sopraggiungono altri veicoli quando si abbandona un parcheggio in retromarcia.

Una sportiva veramente a 360°

Ci aspettavamo soprattutto una gran guida su asfalto dall’Aston Martin DBX (oltre alla possibilità di effettuare qualche modesta digressione su fondi sterrati compatti), e invece siamo rimasti subito sorpresi dalla sua grande adattabilità all’off-road. Premettiamo che saremmo i primi a temere di rigare la suadente carrozzeria nei passaggi angusti fra i rovi o di ammaccare le splendide ruote di 22” in una pietraia, ma – grazie anche all’ausilio dell’elettronica – dobbiamo ammettere di esserci divertiti parecchio nelle ripide salite al limite del ribaltamento e nei discesoni mozzafiato presenti in gran copia nel tracciato fuori strada previsto per il test. Basta lasciare fare ai sistemi di controllo della DBX per trarsi d’impaccio anche dalle situazioni meno piacevoli. E non manca un’impagabile finezza: persino dopo avere affrontato un tratto fangoso, si può scendere dall’auto senza sporcarsi i pantaloni, grazie alla parte bassa delle porte bombata e avvolgente che protegge la battuta interna della scocca. 

Prestazioni da supercar e qualche ruvidezza

Regolando l’assetto nella posizione più bassa e acquattata, l’Aston Martin DBX ha un comportamento da sportiva purosangue su asfalto, risultando precisa, stabile e sicura soprattutto nei percorsi veloci, ove si gode dell’inesauribile grinta del V8, che spinge forte da appena 2300 giri e sfodera una “entrata in coppia” da sportiva quando si superano i 5000 giri. Nella modalità Sport (dove sterzo e sospensioni si fanno più solidi) col velocissimo cambio a 9 marce disposto in S, non scala marcia neppure se si affonda il piede nel pedale del gas ed effettua il passaggio di marcia a 6800 giri, mentre in Sport+ arriva al limitatore (a 7000 giri), col contorno di una sinfonia di corsaioli scoppiettii e gorgoglii nei passaggi di rapporto. Peccato che la trasmissione risulti brusca e trasmetta strappi ogni volta che si preme con decisione l’acceleratore, e che anche le palette al volante siano durette da azionare e tolgano fluidità alla guida. Un’altra critica va ai comandi del cambio in cima alla consolle, ai lati di quello di avviamento: risulta davvero scomodo passare continuamente da un pulsante all’altro nelle manovre di parcheggio.         

Non è tutta “rose e fiori”

Nelle modalità normali le sospensioni a lunga escursione sono morbide e confortevoli e, pur innescando un fastidioso beccheggio in accelerazione e frenata, sanno mantenere le gomme bene attaccate all’asfalto anche quando il fondo diventa irregolare. Godibilissima in souplesse, l’Aston Martin DBX si fa impegnativa quando si decide di spingere sui percorsi misti: il volante va tenuto sempre con forza lungo le curve, l’inerzia dovuta alla rilevante massa si fa sentire, e lo sterzo diventa nervoso nei frequenti cambiamenti di traiettoria, dove l’azione perde fluidità. Caratterizzati dalla corsa lunga del pedale, i freni richiedono forti carichi per dare il meglio: la potenza è notevole, ma ci permettiamo di dubitare delle decelerazioni da ben 1,4 g di cui i tecnici della casa inglese hanno accreditato questo impianto.

Secondo noi

Perché sì 
> Fuori strada. La DBX non è la quintessenza dell’agilità, ma le prestazioni sfoderate fuori strada sono state tanto soddisfacenti quanto inattese. 
> Interni. L’abitacolo è un lussuoso salotto, realizzato con materiali di pregio e rifinito in modo sopraffino. Inoltre, lo spazio non manca,.
> Prestazioni. Valori come 4,5 secondi per passare da 0 a 100 km/h e 291 km/h di velocità di punta sono da vera supercar. 

Perché no 
> Cambio. L’automatico è molto reattivo, ma a volte causa sgradevoli “strappi”. Scomodi i comandi.
> Guida sportiva. Quando si aumenta il ritmo, l’inerzia è ben percepibile: nelle variazioni di traiettoria la guida perde fluidità.
> Ingombri. In città e nei passaggi angusti fuori strada le imponenti dimensioni della DBX impongono attenzione, specialmente per la larghezza che, retrovisori inclusi, è di ben 222 cm.

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