Piccole ed enormi ruote. SSV e Camion. Son i due estremi di una partecipazione che evolve dalla nascita della Dakar. Oggi si Side by Side giocano un ruolo cruciale nell’evoluzione della partecipazione. i Campion restano i monumenti della Dakar


17 gennaio 2022

Jeddah, Saudi Arabia, 16 Gennaio. The day after. SSV e Camion, Prototipi Leggeri e Elefanti del Deserto. Non c’è dubbio, quella delle 4 (o più) ruote è la specie che si è maggiormente evoluta sul pianeta Dakar. Oggi le “sottospecie” sono tante, e si va dagli “ibridi” Quad, vincitore Alexandre Giroud, Yamaha, apparentemente in via di estinzione, alla sempre maggiore specializzazione. Le Auto più tradizionali hanno visto apparire sulla scena evolutiva le T1 Plus, e la rapida evoluzione degli SSV, solo pochi anni fa molto fragili e timidamente presenti, fa sì che possano essere considerati la “specie” del futuro. Cento esemplari al via, in totale, e non servono più le parole. Anche i Camion, per la verità, hanno fatto un salto fuori dalla giungla e ora si manifestano più numerosi nelle forme più “aggressive”.

SSV. Due classi, SSV propriamente detti e Prototipi Leggeri. Questi ultimi sono diventati dei veri e propri prototipi da corsa, quasi solo in apparenza appartenenti al veicolo di serie da cui ispirano, e stanno erodendo la categoria delle auto “rubandole” Team e Piloti, professionisti e amatori. Sono anche i più veloci, oggi sempre più vicini ai T1, e più spettacolari. Tre i Marchi più in vista; Polaris, Can-Am e OT3. Una caratteristica degli SSV in generale, che si riflette nella vicenda agonistica, è la loro non perfetta affidabilità, o meglio resistenza di alcune parti sottoposte a usura violenta, non è difficile, quindi imbattersi in clamorosi rovesciamenti di fronte o distacchi epocali. Il tipo di guida e attenzione influisce molto su questo aspetto, ma talvolta i ritardi che uno o l’altro, o tutti e due, finiscono per registrare.

La gara degli SSV è stata vinta da Austin Jones, che vantava già due piazzamenti in altrettante edizioni, tutte in Arabia Saudita. L’americano ha avuto ragione di Gerard Farres, l’ex motociclista che ha corso anche con Aprilia e che correva inizialmente come “jolly” in aiuto al Team South Racing, e di Rokas Baciusca. Podio e monopolio Can-Am. Con un Polaris dell’antesignana Xtreme Racing, Famiglia italiana in gara, Pietro Cinotto e Alberto Bertoldi chiudono al 18° posto assoluto, mentre papà Michele, in coppia con Maurizio Dominella, è… un po’ più indietro.

Ma è la sfida dei Prototipi Leggeri che tiene banco, letteralmente entusiasmante. Ben presto definita, con il senno, di poi, ma ugualmente avvincente. I temi erano tre: il ritorno di Francisco Lopez, detto Chaleco, Can-Am, la sfida al femminile di Cristina Gutierrez, OT3, e il dilagare di Seth Quintero, OT3. Diciamo subito che uno ha vinto e l’altro ha… dominato. Cose che capitano. Ha vinto Francisco “Chaleco” Lopez, l’artista cileno del Fuoristrada che già aveva “rischiato” di vincere in Moto, anch’egli con Aprilia. Chaleco aveva vinto con l’SSV nel 2019 e lo scorso anno in categoria Veicoli Leggeri. Quest’anno l’asticella era stata portate ben più in alto dall’ufficialità nel Team South Racing Can-Am, una struttura “spaventosa” che contava 160 persone e 22 veicoli, impressionantemente organizzata.

Il difficile era aver ragione di Seth Quintero, l’asso americano degli OT3 Red Bull, un autentico fenomeno. Fermato per ore nel Deserto a causa della rottura del carte del differenziale, Seth era fuori gioco dalla seconda tappa. In testa saliva, sempre più convincente, Chaleco Lopez, che trasformava la sua gara in una cavalcata trionfale basandola sulla consistenza e la massima attenzione per la meccanica. Quintero otteneva un record assoluto e impietoso, dieci vittorie di tappa consecutive, ma Lopez saliva sul gradino più alto del podio, davanti allo svedese Sebastian Eriksson, altro Can-Am, e alla spagnola Cristina Gutierrez che, al termine di alterne vicende, portava sul podio il primo degli OT3. Notevoli, in questa categoria, le prestazioni di Camelia Liparoti, sesta assoluta alla guida di una “macchinina” Yamaha, e di Jacopo Cerutti, navigatore di Mashael Alobaidan su un Can-Am.

Fenomenali Camion. È l’armata russa dei Kamaz che domina ormai da tempo la scena degli Elefanti del Deserto. Sin dal principio non è una questione di evoluzione ma di obiettivi, perciò già i primi Kamaz appartenevano alla sfida dei prototipi lanciata storicamente dai Daf o dai Perlini. L’evoluzione viene dopo e si aggancia agli obiettivi non negoziabili del Team e della Marca. Di un’intera nazione di camionisti, se vogliamo.

Non c’è storia, la gara è completamente appannaggio dei “mostri” russi, che piazzano il Master 43509 del campione in carica Dmitry Sotnikov davanti ai camion di Nokilaev, Shibalov e Karginov. Fnalmente, quarto, arriva l’Iveco De Rooy di Janus Van Kasteren. Quella degli Iveco è una bella storia futuribile. Sono ormai prototipi in grandi competere al massimo livello. 1100 cavalli, motori e meccaniche evolute, un certo confort e grandi maneggevolezza e prestazioni. Sono un pelo sotto ai mostri bianco-azzurro, e sono allestiti da piccoli atelier racing, come MM Racing della Repubblica Ceca. Uno di questi è l’Iveco quindicesimo assoluto di Claudio Bellina, Bruno Gotti e Giulio Minelli. Diversi gli obiettivi, non siamo ai livelli delle partecipazioni ufficiali per target e “responsabilità”, eppure anche con diverse, e più moderate ambizioni, il camion di ItalTrans e il suo Equipaggio hanno dimostrato che la competitività alla Dakar non dipende esclusivamente dalla velocità e dal rischio che si decide di correre, bensì e molto dal ritmo e dal margine di sicurezza che si pone come limite invalicabile per farsi una Dakar di grande appagamento e soddisfazione.

© Immagini ASO Mediateque – KTM – GAS GAS Media – Husqvarna – Red Bull Content Pool – Audi Media – Honda – Hero – Toyota Gazoo – BRX – X-raid – Yamaha – MM ItalTrans.

 

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