Archiviato il GP d’India, la MotoGP è pronta a tornare subito in pista per il GP del Giappone, sullo storico circuito Twin Ring di Motegi, per il quattordicesimo round della stagione. Un appuntamento fisso nel calendario del Motomondiale che anche quest’anno è pronto a regalare grande spettacolo.

Nel Paese del Sol Levante, infatti, continua la corsa al titolo, più aperta che mai dopo il passo falso di Francesco Bagnaia a Buddh. In Giappone, dunque, ‘Pecco’ è chiamato a riscattarsi per non perdere altri punti in classifica generale nei confronti di due avversari – Jorge Martín e Marco Bezzecchi – in uno stato di forma eccezionale.

Da non sottovalutare anche Honda, “padrona di casa” a Motegi: dopo le buone prestazioni in terra indiana, la Casa dell’Ala dorata vuole provare a confermarsi e farlo sul circuito di cui è proprietaria sarebbe un segnale di incoraggiamento importante. Per i giapponesi, ma anche per Marc Marquez, sul cui futuro aleggia ancora un alone di mistero.

In Giappone riparte la lotta al titolo

Dopo il GP d’India, Francesco Bagnaia è ancora in testa alla classifica piloti con 292 punti, ma con sole 13 lunghezze di vantaggio su Jorge Martín, che da Barcellona in poi ha ricucito sempre di più il distacco da ‘Pecco’ ed è ora molto vicino al leader. Una corsa al titolo che vede tra i contendenti anche Marco Bezzecchi, al momento terzo a -44 punti da Bagnaia e col morale alle stelle dopo la sontuosa prestazione in terra indiana.

Alla vigilia del GP del Giappone, la pressione è tutta su Bagnaia, che dalla ripresa del Campionato dopo la pausa estiva ha visto diminuire pericolosamente il suo vantaggio. L’opposto rispetto a quanto successo nel 2022, quando è riuscito nell’impresa di recuperare ben 91 punti a Fabio Quartararo, conquistando poi il titolo con 17 lunghezze di margine.

Quest’anno, invece, ‘Pecco’ è chiamato a difendersi: una situazione per lui nuova, nella quale dovrà dimostrare di saper gestire le risorse a sua disposizione, soprattutto quelle mentali. Non sono più ammessi errori e Bagnaia lo sa bene.

Se è vero che chi insegue è favorito negli arrivi al fotofinish, allora Jorge Martín ha un motivo in più per sorridere. Nelle ultime tre gare, infatti, ‘Martinator’ ha sfruttato ogni occasione possibile e dato vita a una sorprendente remuntada, arrivando a insidiare seriamente la leadership del Campione del Mondo in carica. La classifica ora dice -13: già in Giappone potrebbe arrivare il sorpasso decisivo nella corsa al titolo. Difficile, ma non impossibile, soprattutto per un pilota che negli ultimi tre weekend ha dato prova di grande maturità a capacità di auto-gestione.

Infine, da non sottovalutare anche il prepotente ritorno di Marco Bezzecchi, vero protagonista in India. Nel corso della stagione il riminese ha avuto sì molta sfortuna, rimanendo più volte coinvolto in carambole provocate da altri, ma ha anche dimostrato tutto il suo talento in pista, ricordando agli avversari che per la corsa al titolo ‘Bez’ c’è. Una mission impossible, forse, ma mai dire mai, soprattutto in una stagione fin qui ricca di colpi di scena.

Una lotta a tre, dunque, che presenta un unico comune denominatore: Ducati. La Casa italiana domina sia la classifica costruttori [dove ha quasi doppiato le dirette inseguitrici, KTM e Aprilia, ndr], sia quella dei team. In quest’ultima, però, l’ordine è leggermente diverso: al primo posto, infatti, troviamo Prima Pramac, che precede di ben 53 lunghezze Mooney VR46; terza piazza per il team ufficiale, che ha dovuto fare a meno di Bastianini per buona parte della stagione.

I precedenti di Motegi e del GP del Giappone

Presente nel calendario del Motomondiale dal 1999, il Twin Ring Motegi ha visto alternarsi molti vincitori diversi sul gradino più alto del podio. Parlando solamente del circuito, sede sia del GP del Giappone (1999, 2004-2022) che del GP del Pacifico (2000-2003), i più vittoriosi in top class (500cc e MotoGP) sono Loris Capirossi, Dani Pedrosa, Jorge Lorenzo e Marc Marquez (con tre vittorie a testa), seguiti da Kenny Roberts Jr e Valentino Rossi (due trionfi).

Prendendo in considerazione solamente l’albo d’oro del GP del Giappone, in passato disputatosi anche a Suzuka, i più vincenti in top class (500cc e MotoGP) risultano essere Kevin Schwantz e Valentino Rossi con quattro vittorie a testa.

Da sottolineare come dal 2015 in poi il Twin Ring Motegi abbia visto sempre il binomio Ducati-Honda alternarsi sul gradino più alto del podio. In particolare, i giapponesi hanno trionfato in ben quattro occasioni su sei GP disputati, tre volte con Marc Marquez (2016, 2018, 2019) e una con Dani Pedrosa (2015), mentre la Casa di Borgo Panigale qui ha colto la vittoria nel 2017 e nel 2022, rispettivamente con Andrea Dovizioso e Jack Miller [ricordiamo che non si è corso in Giappone nel bienno 2020-2021 per via delle restrizioni della pandemia, ndr].

Il Twin Ring Motegi

Il circuito di Motegi sorge nelle vicinanze dell’omonima città giapponese, a circa 160km da Tokyo, ed è denominato ufficialmente Twin Ring Motegi per via dei due circuiti presenti all’interno della struttura: un ovale di 2.493 m e uno stradale di 4.801 m (con ben tre diverse configurazioni).

Costruito nel 1997 su volontà di Honda, il tracciato nasce come pista per test privati della Casa giapponese per diventare il punto di riferimento per le gare della MotoGP. È infatti presente nel calendario del Motomondiale dal 1999; dal 2000 al 2003, come detto, ha ospitato il GP del Pacifico [il GP del Giappone si è corso a Suzuka, ndr], per poi diventare il tracciato di riferimento per il GP nazionale a partire dal 2004 fino ad oggi [ad eccezione del biennio 2020-2021 a causa della pandemia di Covid, ndr].

La pista su cui si disputa il GP si snoda in senso orario per 4.796 m e presenta un totale di 14 curve, di cui 6 a sinistra e 8 a destra. Il tracciato, abbastanza tortuoso, mette a dura prova i freni: la presenza di curve lente intervallate da rettilinei di media lunghezza, infatti, rende difficile il raffreddamento dell’impianto frenante. A ciò si aggiungono anche le violenti staccate, dovute sia al layout del circuito stesso, sia all’aggressività dell’asfalto.

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