La transizione verso l’elettrico non procede alla stessa velocità in tutti i Paesi e in questo senso, molto dipende dall’approccio dei governi in tema di sviluppo delle infrastrutture e di incentivi. Questo perché i costi della trasformazione sono elevati, e i costruttori non possono assorbirli a livello di prezzi finali senza affossare i margini di guadagno fondamentali per bilanciare gli investimenti.

In parole povere, i veicoli elettrici costano cari e gli unici che possono sostenere i clienti nell’acquisto sono proprio gli incentivi che rendano la spesa più accettabile. Ma forse no: esistono soluzioni alternative all’acquisto del nuovo che potrebbero dare una spinta alla transizione, specie nel settore del trasporto merci, come la conversione a batteria dei mezzi più vecchi.

Il ricambio è lento

Nell’ultima conferenza stampa, svoltasi il 13 dicembre scorso, l’UNRAE, l’associazione dei rappresentanti in Italia delle Case estere, ha sottolineato ancora una volta come il rinnovo del parco circolante sia troppo lento rispetto non soltanto al resto d’Europa, ma anche alle aspettative di decarbonizzazione di trasporti a medio e lungo termine. Il problema principale è tuttavia il costo dei nuovi veicoli, proibitivo malgrado le campagne di incentivazione sia per le auto sia per i veicoli commerciali.

La situazione del parco circolante in Italia nel 2022 (auto)

Per dare un taglio alle emissioni locali e al tempo stesso ai costi, più di un costruttore sta dunque pensando anche alla trasformazione elettrica dei mezzi con motori a scoppio, soluzione che da un lato permette di togliere dalla circolazione le “fonti di inquinamento” rimpiazzandole a costi più vantaggiosi rispetto alla sostituzione dell’intero veicolo.

Progetto Refactory Renault

Progetto Refactory Renault

L’esempio di Renault

Il primo ad annunciare una politica di questo genere è stato Renault Group, che lo ha inserito in una strategia più ampia incentrata sul mantenimento del valore nel tempo dei prodotti. Anche qui tradotto in termini più semplici, puntare a mantenere i veicoli aggiornati ed efficienti invece di sostituirli, e investire sui servizi e sulla manutenzione avanzata a lungo termine invece che sulla produzione di mezzi nuovi.

Si tratta di un nuovo approccio ad altri concetti come il risparmio e l’ottimizzazione delle risorse, per ridurre la fame di materie prime e creare un’economia circolare che punti sul riutilizzo prima ancora che sul recupero e riciclo.

Progetto Refactory Renault

Una delle officine Refactory Renault

Per fare questo, Renault ha avviato il progetto Refactory, che ha come pietre miliari gli stabilimenti di Flins e Siviglia, in corso di trasformazione in officine dove convertire all’elettrico i veicoli e aggiornare le loro dotazioni di sicurezza e connettività, rendendoli allineati agli standard.

Recentemente anche Stellantis ha abbracciato questa filosofia concentrandosi inizialmente sul mercato dei commerciali leggeri dove punta alla leadership mondiale proprio grazie alle tecnologie a basse emissioni. Il colosso italo-francese è al lavoro con i partner di Qinomic per creare una serie di kit retrofit da mettere in commercio dal 2024 iniziando dalla Francia, per rendere elettrici i suoi modelli più diffusi.

Progetto Refactory Renault

Meno CO2 per tutti

Il beneficio teorico dell’operazione non è stato ancora quantificato, ma è facile da intuire: alla sostituzione dei motori, e quindi al taglio delle emissioni soprattutto in ambito urbano (a cui sono destinati la maggior parte dei commerciali leggeri a batteria) si uniscono infatti quelli derivati dalla minor richiesta di materiali e componenti per produrre mezzi nuovi, con minor dispendio energetico per tutta la filiera. 

Questo promette di aumentare la durata nel tempo dei veicoli e ridurre l’inquinamento generato dal loro smaltimento a fine vita, incentivando anche i clienti stessi a passare all’elettrico a costi più accettabili senza dove rinnovare il parco nella sua completezza.

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