UE, 30 milioni di auto elettriche nel 2030: ACEA scettica

Fra le “voci” scritte a caratteri cubitali sui taccuini delle priorità da parte della Commissione Europea ci sono le questioni legate alla riduzione dell’inquinamento ambientale. Un problema sociale e politico che da molti anni vede susseguirsi su dibattiti, quesiti, normative. Nodo centrale è l’auto, che a Bruxelles viene individuata come uno strumento-chiave per l’attenzione all’ambiente. Ultimo atto in ordine di tempo, la strategia per la mobilità sostenibile ed intelligente, pubblicata il 9 dicembre 2020, e che fa parte del “Green Deal”: 82 progetti che compongono un piano di azione il cui obiettivo finale consiste nel giungere ad una concreta trasformazione “green” e digitale nel comparto dei trasporti in ambito comunitario.

Il piano UE

In sintesi, la “roadmap” del maxi programma europeo prevede quanto segue.

  • Entro il 2030: almeno 30 milioni di auto elettriche in circolazione sulle strade europee; 100 città carbon neutral; raddoppio del traffico ferroviario ad alta velocità in tutta Europa e obiettivo di rendere “zero emission” tutti i trasporti pubblici fino a 500 km; implementazione della mobilità automatizzata su ampio spettro; navi “zero emission” pronte per essere immesse sul mercato
  • Entro il 2035: via libera anche ai grandi aerei ad emissioni zero pronti ad entrare sul mercato
  • Entro il 2050: rendere quasi tutto il parco circolante (dunque autovetture, furgoni, Truck&Bus) ad emissioni zero; raddoppio del traffico merci su ferrovia; piena operatività della rete di trasporti transeuropea multimodale TEN-T in ordine alla definizione di collegamenti di trasporto sostenibili ed intelligenti.

Traguardi ambiziosi

Per arrivare a questi ambiziosi traguardi di piena sostenibilità nei trasporti, la Commissione Europea indica che sarà necessario, fra l’altro, aumentare le infrastrutture per la ricarica (installazione di 3 milioni di “hub” pubblici entro il 2030), creare porti ed aeroporti “zero emission”, implementare la sostenibilità delle vie di comunicazione urbane ed inter-city (più ferrovie ad alta velocità, ad esempio; ma anche più piste ciclabili di nuova realizzazione); fornire maggiori incentivi agli utenti; sviluppare la multimodalità connessa ed automatizzata (ad esempio sostenendo l’acquisto di un solo biglietto valevole per più sistemi di trasporto); aumentare sicurezza e protezione per tutti i tipi di trasporto, come il raggiungimento di un numero quasi zero delle vittime per incidenti stradali entro il 2050.

I Costruttori: “Programma non realistico”

La questione relativa ai 30 milioni di auto elettriche in circolazione nei Paesi europei fissata per il 2030 viene tuttavia indicata come “Non realistica”. Ed è interessante considerare che questa definizione sia giunta da ACEA. I vertici della European Automobile Manufactorers Association, in rappresentanza delle Case costruttrici attive nel “Vecchio Continente”, stimano che questa visione è “Purtroppo molto lontana dalla realtà odierna”, sostiene il direttore generale di ACEA, Eric-Mark Huitema. Ma andiamo con ordine.

È innanzitutto doveroso precisare che ACEA dichiara di accogliere in modo favorevole e di condividere in pieno gli obiettivi, contenuti nel “Sustainable and Smart Mobility Package” varato dalla Commissione UE, finalizzati a ridurre del 90% le emissioni inquinanti generate dai trasporti entro il 2050. Nella fattispecie, la promozione dei veicoli elettrici. Ciò che viene discusso, è il traguardo dei 30 milioni di auto elettriche fra dieci anni. Una presa di posizione che sembrerebbe andare in controtendenza rispetto alle ingenti somme indirizzate dalle Case auto verso la trasformazione (epocale) del settore automotive in chiave basse (o del tutto assenti) emissioni allo scarico, nonché alla riconversione degli impianti di produzione e dei processi di approvvigionamento logistico. Un immenso “new deal” da parecchie decine di miliardi di euro.

Auto elettriche ancora poco diffuse

La prima motivazione mossa da ACEA giunge sulla base di un recente studio sulla diffusione dei veicoli elettrici nei 27 Paesi dell’Unione Europea. Nell’analisi emerge una mancanza di omogeneità, ovvero notevoli differenze fra le “regioni” europee. In più, viene fatto notare che sui 243 milioni di autovetture in circolazione al 31 dicembre 2019 nell’intero territorio UE, meno di 615.000 erano auto elettriche (a batterie o fuel cell). In rapporto al totale, si parla di un 0,25% circa. Troppo poco per giustificare una proiezione così numericamente elevata da qui al 2030, fermo restando il fatto che le rilevazioni si basano sullo stato attuale. “Il raggiungimento degli obiettivi indicati dalla Commissione si verificherebbe soltanto se, nell’arco dei prossimi dieci anni, la crescita delle auto elettriche in circolazione sulle strade europee aumentasse di 50 volte”, spiega il direttore generale di Acea.

Infrastrutture: il nodo cruciale

ACEA pone inoltre l’accento sulla questione (altrettanto fondamentale; anzi, “conditio sine qua non”) delle infrastrutture per la ricarica. Si tratta di una criticità essenziale per lo sviluppo virtuoso delle auto ad elevata elettrificazione: senza colonnine, per dire, le auto elettriche non viaggiano. Quelle ibride plug-in sì, ma soltanto… a combustione. E torniamo al punto di partenza: la necessità di abbattere l’inquinamento da autotrazione in maniera drastica. In poche parole, osserva ACEA, occorre un allineamento, da parte della Commissione UE, fra i programmi rivolti alla realizzazione di nuove infrastrutture ed i proponimenti sulla riduzione delle emissioni da diossido di carbonio.

3 milioni di colonnine nel 2030: ci arriveremo?

Il numero (giudicato come prudenziale) di “hub” pubblici per la ricarica indicato da Bruxelles è di 3 milioni entro il 2030. Altra cifra che l’Associazione europea delle Case costruttrici indica come poco realistica: basti pensare che, nel 2019, le colonnine pubbliche nei 27 Paesi UE erano meno di 200.000. Facendo “uno più uno”, ciò significherebbe aumentare di 15 volte nel prossimo decennio la presenza di punti per la ricarica.

I suggerimenti

Revisionare la normativa sui combustibili alternativi

Ed ecco l’indicazione avanzata da ACEA, che torna a chiedere a Bruxelles nuove “spinte”, nei confronti dei Governi nazionali, per creare nuovi investimenti a favore delle infrastrutture di ricarica, magari attraverso una revisione (urgente) della direttiva 2014/94/UE del Parlamento e del Consiglio Europeo sulla realizzazione di un’infrastruttura per i combustibili alternativi (AFIDAlternative Fuel Infrastructure Directive), e che sia quindi omogenea per tutti. In questo modo si eliminerebbero le differenze di azione fra alcuni Paesi che in forma volontaria hanno già dato vita a programmi nazionali di incentivo alle infrastrutture, ed altri che al contrario sono più indietro.

Sostegni ai lavoratori e rinnovo del parco circolante

Contestualmente, ACEA ribadisce altre indicazioni già proposte in tempi recenti: strategie di tariffazione maggiore per le emissioni di CO2, strumenti di sostegno per riqualificare le forze lavoro in ordine di agevolare la trasformazione del comparto automotive, la conferma delle iniziative volte allo svecchiamento del parco circolante nei Paesi UE, che attualmente è di quasi 11 anni.

Clicca qui per visitare la pagina dell’autore