Audi festeggia i 45 anni del suo iconico propulsore; scopriamo insieme il segreto del suo successo e anche le risposte della concorrenza.


17 settembre 2022

Mentre Audi celebra i 45 anni di successo del suo iconico propulsore 5 cilindri, noi, per pura casualità, stiamo provando la sua massima espressione tecnica a bordo di Nuova RS3 (la prova sarà presto online sui nostri canali). E proprio al volante della sportiva compatta ci siamo chiesti: “cosa rende così speciale un motore con un cilindro in più del normale?” Scopriamolo insieme.

Parte tutto dalle sensazioni: un motore a 5 cilindri in linea è capace di regalare emozioni inedite e sensazioni uniche, dovute ad una diversa sequenza di accensione e metodologia di funzionamento. La prima cosa che si nota è il suono, ben diverso dal convenzionale “borbottio” del 4 cilindri e più graffiante del “rotondo” 6 cilindri. L’acustica è più coinvolgente, piena e “continua”, ricordando i gloriosi V10 e l’erogazione è più corposa e costante rispetto ai fratelli con un cilindro in meno, non ci si può sbagliare.

La necessità di aggiungere un cilindro in più è quasi scontata; deriva dall’esigenza di aumentare la cubatura e le prestazioni di un propulsore, senza gli ingombri eccessivi di un 6 cilindri in linea, rendendo possibile quindi l’installazione su vetture a trazione anteriore e integrali derivate, che prediligono il posizionamento trasversale del powertrain. I primi a pensare fuori dagli schemi sono stati i tedesci di Mercedes che nel 1976, sulla W123, fecero debuttare l’OM617, un motore a ciclo Diesel che prometteva di essere più affidabile in termini di resa chilometrica rispetto al fratello OM616.

Sempre durante gli anni ’70, e più nello specifico l’anno successivo, anche Audi fece debuttare la sua creatura a cilindri dispari. Ad accogliere la novità fu l’Audi 100, che diede inizio alla storia del pentacilindrico più famoso di sempre, incoronato negli anni ’80 per le numerose vittorie nei prestigiosi campionati di rally. Nel corso degli anni il motore è stato affinato, aggiornato, messo in fermo ed infine rispolverato nel 2009 con l’adozione del turbo su vetture stradali come la TT RS.

Da quel momento, la nuova generazione di questo motore da 2,5L Audi, è stata la portabandiera dell’iconicità delle sportive compatte e SUV di segmento C più riuscite dell’ultimo decennio: stiamo parlando di RS3 ed RSQ3. Dal 2012 la casa dei quattro anelli riuscì a superare quota 360 cavalli (guadagnata nel 2009) grazie alla nuova riprogettazione che vedeva l’adozione di un basamento in lega leggeraa e del comando di fasatura variabile delle valvole, raggiungendo oggi quota 400 cavalli.

Una potenza specifica elevatissima, con una coppia di 500Nm immeditamente disponibile e, ricordiamo, figlia di una taratura compliant alle normative euro 6 più severe. La corposità e la “schiena” di questo motore non si misura solo in potenza ma anche in dati relativamente impressionanti: basti pensare che su RS3 è possibile accelerare da 0 a 100 km/h in appena 3,8 secondi e raggiungere velocità autolimitate di 290km/h.

Mercedes e Audi non sono però gli unici costruttori che hanno sperimentato e usato questa architettura. Infatti, tra gli esempi di maggior successo, non si può non citare e ricordare Volvo, che con la famiglia di motori D3, D4 e D5 ha equipaggiato gran parte della gamma fino agli anni 10 con gli iconici 2.0L e 2.4L, soppiantando i motori Audi “prestati” che non permettevano, per contratto, l’adozione della trazione integrale.

E ancora l’italiana Fiat, che progettò per lei e per i brand Alfa Romeo, Jeep e Lancia le generazioni di 5 cilindri noti come “modulari di Pratola Serra della famiglia C” tra cui due benzina 2.0L e 2.5L ed il noto Turbo Diesel JTDM da 2.4L, apparso per l’ultima volta su Alfa Romeo 159.

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