C’è anche “alla spina”

La seconda serie della crossover Toyota C-HR c’è sia full hybrid (qui il primo contatto) sia in questa variante ibrida plug-in, che si distingue per la batteria molto più grande ricaricabile attraverso una presa di corrente; con i suoi 13,6 kWh, consente alla vettura di percorrere, secondo la casa, 66 km in modalità elettrica. Aumenta anche la potenza combinata (223 CV, 26 in più) offerta dal 2.0 da 152 CV abbinato a un motore elettrico da 163 CV. Quattro le modalità di guida. In EV si viaggia a zero emissioni finché l’accumulatore non si scarica; in Auto EV/HV il quattro cilindri entra in azione quando serve più potenza; in HV viene mantenuto lo stato di carica della batteria, che può anche essere ricaricata in movimento sfruttando il 2.0 per muovere il generatore.

Promossa in maneggevolezza

Tra le curve, la Toyota C-HR PHEV si comporta bene: nonostante i 125 kg in più rispetto alla 2.0 HV, si dimostra agile nelle curve. Piuttosto vivace lo spunto offerto dai 223 CV combinati. Le sospensioni filtrano piuttosto bene le sconnessioni, ma il comfort acustico è penalizzato dai fruscii aerodinamici (evidenti oltre i 110 km/h) e dall’”effetto scooter”: quando si accelera a fondo e nelle salite, il 2.0 si posiziona a un regime elevato e costante.

Ben rifinita, ma dietro si “soffre” un po’

La plancia, i sedili e i pannelli delle porte anteriori sono curati, mentre dietro si notano alcune assenze: il bracciolo centrale, le maniglie al soffitto e le tasche portaoggetti nelle portiere. Accomodarsi sul divano richiede poi qualche contorsione per via delle porte piccole e della particolare conformazione del montante, che obbliga ad abbassare molto la testa quando si entra e si esce. Dentro, lo spazio per le gambe e per la testa non manca, ma il divano non è molto largo.

Pochi bagagli

Il bagagliaio della Toyota C-HR PHEV perde 54 litri rispetto alla 2.0 ibrida full a causa del caricabatteria di bordo (noto anche come On Board Charger). Il vano ha una forma regolare ma è poco capiente (310 litri) ed è oltretutto penalizzato da una soglia di carico alta: 79 cm. Il sistema multimediale (reattivo, ben leggibile ma non molto intuitivo nella gestione dei menù) si gestisce attraverso uno schermo “touch” di 12,3” e comprende la connettività wireless Android Auto Apple CarPlay. Anche il cruscotto digitale è di 12,3”: chiaro e personalizzabile, è supportato da un valido head-up display.

C’è la piastra di ricarica senza fili per lo smartphone, ma le prese Usb-C sono solo tre: due davanti (di cui una nascosta nel vano portaoggetti del bracciolo anteriore) e solo una dietro. Apprezzabile, infine, la scelta di Toyota di puntare sui tasti fisici: sono tanti (sul volante forse un po’ troppi) e ben posizionati.

Usa molto la “pila”

La Toyota C-HR 2.0 PHEV protagonista del nostro primo contatto dichiara un’autonomia di 66 km in modalità elettrica e sembra molto efficiente in base ai dati del computer di bordo. In città siamo riusciti a guidare per il 90% in elettrico e anche sulle strade statali ricche di curve e di salite il sistema è stato in grado di utilizzare la batteria per il 75% del tempo. Verificheremo i dati relativi ai consumi più nel dettaglio in un test più approfondito.

Prezzo nella media, ricca dotazione

La Toyota C-HR 2.0 PHEV Lounge Premiere della nostra prova è già ordinabile. Ha un prezzo alto, ma in linea con quello delle concorrenti: 51.400 euro. Ricca la dotazione: troviamo anche i cerchi in lega di 19”, gli interni in pelle, il portellone motorizzato, i sedili anteriori riscaldabili (con quello del guidatore regolabile elettricamente) e i sensori di parcheggio anteriori e posteriori con telecamera. Senza dimenticare i numerosi aiuti alla guida: la frenata automatica (attiva anche negli incroci) che rileva vetture, pedoni, ciclisti e motociclisti, il mantenimento di corsia e il riconoscimento dei segnali stradali con limitazione della velocità.

Va detto, però, che a differenza di gran parte delle rivali non è acquistabile con gli incentivi: siccome dichiara solo 19 g/km di CO2 è troppo efficiente (sulla carta) per beneficiare dei contributi destinati alle ibride plug-in (€ 4.000 in caso di rottamazione), ma è troppo costosa per prendere l’Ecobonus massimo (€ 5.000 con rottamazione) riservato alle vetture con emissioni comprese tra 0 e 20 g/km. 

E non c’è neanche modo di aumentare il valore dichiarato sul libretto attingendo al listino degli optional, com’è possibile fare su alcune concorrenti: l’unico accessorio extra oltre alla vernice metallizzata è il pacchetto Advanced Safety (€ 1.900) che comprende l’assistenza al parcheggio da remoto, i fari abbaglianti adattativi, il sistema che monitora lo spazio frontale e avvisa in caso di avvicinamento di altri veicoli da destra o da sinistra, la telecamera che monitora il guidatore e quelle con visuale 360°. Elementi che non aumentano il peso e le emissioni di anidride carbonica.

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