A tu per tu con Gunther Steiner. Il team principal della Haas ha parlato del concetto di vettura sbagliato nel 2023 e dell’attesa della prossima stagione


2 novembre 2023

Brasile, terra di dolci ricordi per la Haas che l’anno scorso ottenne una incredibile pole position con Kevin Magnussen, ma è anche una gara in cui il team manager Guenther Steiner fa il punto su alcune cose importanti e lo fa partendo dall’aspetto ludico della F.1, in cui suo malgrado è diventato un personaggio popolare in Drive to Survive al punto di aver pubblicato un libro, Surviving to Drive, che è un po’ la parodia di quanto visto in Tv: stupito di essere diventato una star della TV dopo decenni di presenza in pista (era a capo di Jaguar F.1 e di Red Bull nei primi anni del team inglese in F.1)?
“Mi ha stupito e anche tanto, non sono partito per fare il divo. E’ nato tutto per caso. E’ una vita che bazzico i box, adesso tutti sanno chi sono e la cosa strana che tutti mi chiamano per nome e io non li conosco. E’ successo, non è negativa, è positiva per la F.1, è positiva per il team, alla fine anche per me…

Beh, però hai avuto più ritorno mediatico tu dei tuoi piloti… “Non lo so, a volte sembra di sì ma è successo e va bene così, passerà presto…”. A quanto pare il segreto di questa F.1 non è quello che succede davvero, ma il modo in cui viene comunicato… “E’ un ragionamento valido, forse era quello che mancava ai tifosi, ovvero capire cosa c’è dietro quello che vedono solo in pista durante le gare, c’è altra gente che lavora non solo i piloti. Hanno beccato me e mi hanno fatto diventare un caratterista da film…”. Una tifosa voleva anche sposarti in mondovisione, l’hai conosciuta? In Giappone un tifoso voleva essere adottato come tuo figlio… A casa come l’hanno presa? “Mia moglie ha fatto dei commenti ma ovviamente sa che non ci sono dietro io alle richieste di matrimonio in mondo visione. Non l’ho conosciuta se è per questo e non so dire se per fortuna…”

La Haas rappresenta la Cenerentola della F.1 rispetto ai team ufficiali, col budget cap bisogna avvicinare le prestazioni fra il top e le squadre private come la tua. E’ riuscita l’operazione?
“L’anno scorso sì, abbiamo fatto un passo avanti e siamo stati competitivi. Quest’anno non è successo non perché mancavano i soldi, ma perché abbiamo preso la direzione sbagliata, un concetto di vettura che non si riusciva a sviluppare e sembra che la Haas sia indietro perché manchino i soldi. Inutile portare aggiornamenti se non migliori le prestazioni. Abbiamo cambiato il concetto, anche in visione del prossimo anno e lo abbiamo portato ad Austin anche per cominciare a capire come lavorare sul nuovo concetto. Il fatto di essere Cenerentola è venuto proprio da questo e secondo me, col budget cap nessuno o tutti possono far bene come abbiamo visto fare alla Williams, che ha migliorato moltissimo le prestazioni. Questo, andando avanti, succederà molto più spesso”

Essere un team clienti Ferrari ti vincola su certe scelte, tipo il concetto aerodinamico che era sbagliato il loro e di fatto ha vincolato anche voi? “Sì però non guardiamo solo all’aspetto negativo della cosa, ci sono anche dei vantaggi. Se la Ferrari fa un motore bellissimo, un cambio perfetto, bisogna tenerne conto. Quando c’è qualcosa che non va, ci vai di mezzo anche tu e non lo puoi cambiare purtroppo”. 

Il rapporto con Dallara a Varano come prosegue? “Il rapporto è sempre buono, siamo stati di recente con Gene Haas a Varano, mancavamo dal lockdown del periodo covid, abbiamo visitato la factory con le novità. Loro ci fanno sempre il telaio e hanno da 30 a 50 ingegneri che lavorano sul nostro progetto, come le parti strutturali, le ali, Dallara fa moltissimo anzi tutto”. 

Aldo Costa interviene in qualche modo dando suggerimenti?
Lui gestisce i suoi ingegneri, è sempre in contatto essendo il direttore tecnico della Dallara ma non è che, essendo lui il capo, intervenga nel nostro progetto, quello è curato da Simone Resta”.

Si era parlato di un rientro di Resta in Ferrari, la cosa aveva preoccupato?
No perché sapevo che non sarebbe successo, semmai preoccupava la stampa. E’ stata la solita cosa che succede in F.1. Qualcuno se l’è inventata e gli altri sono andati a seguito e ne hanno fatto argomento di discussione scrivendo storie varie, per questo non me ne sono preoccupato”.

Parlando di storie e cose inventate, a un certo punto si era letto che il tuo rapporto con Haas era in crisi e che reclamavi il 50 per cento del team che era in vendita. Volevi 450 milioni come liquidazione… Se è vera e me ne dai uno, troviamo il modo di far passare la notizia…
Questa è stata una di quelle cose uscite dal niente, tanto che con Gene ci scherzavamo sopra. La gente è stupida: se io avessi fatto causa per mezzo miliardo, perché in fondo di quasi mezzo miliardo si trattava, secondo voi me ne sarei andato in giro in macchina insieme ad Haas e curato ancora la squadra? La prima cosa che avrebbe fatto mi avrebbe cacciato di colpo se non addirittura buttato fuori dalla macchina in corsa! Queste cose in Italia le chiamano bufale, in inglese le chiamerei stro…ci siamo capiti!”.

Non è che la tua figura ha sovrastato quella del proprietario del team? In fondo Netflix ti ha fatto diventare un personaggio, la gente vede solo te e non Gene Haas in giro…
“Gene non vuole comparire in prima persona, ha volutamente scelto un approccio low profile e sta in secondo piano”.

Tocchiamo l’argomento Andretti: team americano voi, team americano lui e voi contrari…
Non è una decisione nostra o del team Haas avere Andretti o meno in F.1. Con Andretti non ho nessun problema, Mario è un mito e ho profondo rispetto per la sua storia e i suoi progetti. E’ una scelta che non spetta a noi, ma non voglio parlare di Andretti Global, parlo di un 11.team: non è una questione personale contro Andretti, ma la domanda che ci facciamo è se serve una undicesima squadra. Ne abbiamo 10 solide, tutte capaci, finanziariamente solide e idonee. La domanda è sempre quella: cosa darebbe in più a tutti avere una undicesima o dodicesima squadra. Se non dà niente, allora visto che è un business, niente per niente non si fa”. 

Si parlava di Andretti come acquirente di un team: Alpine ha smentito, Williams fa parte di un fondo di investimento americano, Sauber l’ha presa Audi, resta solo Haas appetibile sul mercato…
Haas non è in vendita e oggi non si può comprare. Hai portato l’assegno, mi auguro coperto? Bene, non la vendiamo lo stesso anche se arrivi col contante in mano”.

Parlando di tecnica, avete un accordo con la Nanoprom, azienda di Modena specializzata in nano particelle, dalle vernici sulla vostra carrozzeria a tanto altro ancora. Anche nel piccolo team si può fare ricerca?
“Sempre, anche nelle piccole squadre si può fare ricerca ad alto livello. La F.1 è sempre stata tecnologicamente all’avanguardia. Ci sono cose, come nell’accordo con la Nanoprom, che si sperimentano in F.1 e poi si portano in altri settori, in altri ambiti. Perché ci sono aziende che non hanno soldi per investire in ricerca mentre in F.1, cercando la prestazione, possiamo farlo. Lo stesso vale per le benzine a partire dal 2026. In F.1 si spendono tanti soldi per ricerche e materiali, che in futuro possono essere usati sulla produzione di serie e che, normalmente, le industrie non hanno i soldi per sviluppare e seguire certi progetti mentre noi siamo l’avanguardia di questa ricerca. In F.1 spendiamo soldi per lo sviluppo e le prestazioni e poi, in futuro, potrebbe diventare un business perché magari arriviamo per primi su certe soluzioni e allora diventa un introito. Ovvero quello che oggi sembra una spesa, domani diventa un investimento. Nanoprom con le sue vernici ci ha dato un grosso aiuto in quanto a riduzione del peso, che in F.1 è fondamentale, nonché scorrimento della vettura in condizioni di bagnato”.

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